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Cronaca

Tragedia alla Goia del Gur: la Procura indaga sulla morte di Fabio Caforio

Autopsia disposta sul corpo del 17enne: si cerca la verità sulla tragedia del torrente Orco

Tragedia alla Goia del Gur: la Procura indaga sulla morte di Fabio Caforio

Tragedia alla Goia del Gur: la Procura indaga sulla morte di Fabio Caforio

Non avrebbe dovuto finire così. Non a diciassette anni. Non in un pomeriggio qualunque, tra amici, musica e sorrisi. Non in quel tratto di fiume che i ragazzi chiamano Goia del Ghur, rifugio d’estate e incubo ricorrente. Eppure è lì, nel cuore del torrente Orco, che Fabio Caforio ha trovato la morte. E ora Pont Canavese piange. E si interroga.

La Procura di Ivrea ha aperto un’inchiesta. Un fascicolo senza indagati, ma con un obiettivo preciso: ricostruire ogni dettaglio di quella giornata, capire se qualcosa poteva essere fatto per salvarlo, se c’è stato un malore, un ritardo nei soccorsi, una fatalità evitabile. La procuratrice Gabriella Viglione ha disposto l’autopsia: un passaggio necessario per stabilire le cause esatte della morte. Perché Fabio, lo hanno detto tutti, sapeva nuotare. Eppure qualcosa è andato storto. Qualcosa che ha strappato alla vita un ragazzo nel fiore degli anni.

Gabriella Viglione procuratore capo di Ivrea

La tragedia è avvenuta venerdì 13 giugno. Ma il dolore a Pont ha preso forma lentamente, quasi senza tempo. Fabio era un volto conosciuto, uno di quelli che salutano sempre, che ti guardano negli occhi. Studente modello al Ciac, primo della classe, educato, solare. Aveva appena concluso lo stage con ottimi risultati, tanto che un’azienda gli aveva proposto un contratto. E tra pochi giorni avrebbe cominciato a fare l’animatore all’estate ragazzi organizzata dal Vallorco, dove la sorella Aurora lavora da anni. Un’estate che invece è cominciata con una fiaccolata.

Sabato sera, alle 23, la piazza Craveri si è riempita di silenzi e luci. Gli amici hanno fatto volare lanterne cinesi sulle note delle canzoni preferite di Fabio. Nessun discorso, solo lacrime e abbracci. Perché quando muore un ragazzo così, la grammatica del dolore cambia. Non serve retorica, serve vicinanza.

Il sindaco del paese, Paolo Coppo, ha proclamato il lutto cittadino per il giorno dei funerali.

Quel tratto dell’Orco, sul lato sinistro del torrente, è noto a tutti. La “goia del Gur”, come la chiamano da generazioni, è un’insenatura nascosta tra le rocce, dove l’acqua è limpida e traditrice. Ci si va per prendere il sole, per scappare dall’afa, per sentirsi liberi. Ma sotto quella superficie calma si nascondono pozze profonde, mulinelli improvvisi, insidie che anche i più esperti faticano a controllare.

Fabio era lì con un gruppo di amici. Due gruppi, in realtà, ragazzi tra i 13 e i 18 anni, con zaini, costumi, musica. Un rito d’estate, come ogni anno. Aveva deciso di attraversare la pozza più profonda a nuoto. Lo ha fatto con un compagno. Poi, all’improvviso, qualcosa è andato storto. Un crampo, forse. Il freddo dell’acqua, che in montagna è un colpo al cuore. Il compagno ha cercato di afferrarlo, ma il braccio è scivolato. E Fabio è scomparso.

Gli amici si sono tuffati senza pensarci. Lo hanno riportato a riva. Ma quando l’hanno adagiato sul greto del torrente, il suo cuore aveva già smesso di battere. I soccorsi – l’eliambulanza, l’elicottero dei Vigili del Fuoco – sono arrivati in volo. Ma era troppo tardi. Non c’era più nulla da fare.

Il corpo è stato trasferito a Cuorgnè. E da lì comincerà l’autopsia, le analisi, la cronologia dei minuti. I carabinieri hanno raccolto le testimonianze dei presenti. Nessuno, per ora, ha parlato di ritardi nei soccorsi. Ma è giusto approfondire. È giusto capire se tutto è stato fatto come doveva. È giusto, soprattutto, non archiviare troppo in fretta una morte che ha il sapore dell’assurdo.

Perché non è la prima volta. Nel luglio del 2010, nello stesso identico punto, perse la vita Marco Russo, operaio di Chivasso. Anche lui annegato nella “goia del Gur”. Anche lui risucchiato da quel fondale traditore. Quindici anni dopo, la storia si ripete. E lascia la stessa identica domanda: si poteva evitare?

Fabio, intanto, non c’è più. Restano i suoi occhi nelle foto sui social. Il suo sorriso che riappare nei racconti dei compagni di scuola. «Era un esempio per tutti», dicono i professori. «Aiutava gli altri, non si metteva mai in mostra. Ma faceva la differenza». Era stato anche protagonista di uno spettacolo teatrale itinerante, “Giro intorno al mondo”, dove aveva messo in scena sogni e speranze di popoli lontani. Aveva talento. Aveva cuore. Aveva futuro.

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