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Cronaca

Massacrato fuori dalla discoteca, lasciato a terra come un cane

Un ragazzo aggredito brutalmente nella notte tra sabato e domenica: fratture allo zigomo e al polso, decine di giorni di prognosi. Esposto in procura: “I buttafuori lo hanno cacciato mentre veniva picchiato”

Notte di terrore a Torino: studente aggredito brutalmente, indagini in corso

È una notte di inizio giugno come tante, a Torino. I locali pulsano di musica, la città vive il suo rito del fine settimana tra chiacchiere, cocktail e movimenti notturni. Ma in corso Sebastopoli, davanti alla discoteca Whitemoon, qualcosa si spezza. Una serata che avrebbe dovuto concludersi tra amici, si trasforma invece in un incubo. Per un ragazzo di appena 24 anni, studente di ingegneria, quella notte resterà impressa come la più lunga, violenta e dolorosa della sua giovane vita.

Tutto ha inizio attorno all’una e mezza di notte, quando – secondo quanto denunciato – una discussione per futili motivi degenera in una rissa. Le parole si trasformano in spintoni, e poi in botte. Il giovane e un suo amico si trovano al centro di un cerchio sempre più minaccioso. Ma anziché ricevere protezione, vengono allontanati dai buttafuori. È questo l’elemento che scatena l’indignazione e finisce in un esposto già presentato alla Procura della Repubblica: “Sono stati cacciati proprio mentre stavano subendo l’aggressione. Nessuno ha fermato gli altri”, si legge tra le righe del documento.

disco

I due ragazzi cercano di allontanarsi in fretta. Fanno quello che chiunque farebbe: si incamminano nella notte per mettersi al sicuro, cercando di lasciarsi alle spalle la violenza. Ma qualcuno li segue. Una parte del branco – perché di branco si tratta – continua a inseguirli. Passano pochi minuti e poco più di un chilometro e mezzo, fino a via Lima. È qui che la scena si fa ancora più agghiacciante.

Il 24enne viene raggiunto. Uno dei suoi aggressori lo colpisce con una bottiglia in testa. Cade a terra. E lì comincia il pestaggio vero e proprio: calci, pugni, violenza cieca. Non c’è alcuna pietà, nessun tentativo di fermarsi. I colpi arrivano ovunque, al volto, al corpo, alle braccia. In un gesto disperato, il ragazzo finge di perdere i sensi. Solo così, credendolo ormai incosciente o peggio, gli aggressori si fermano e si allontanano.

I soccorsi arrivano poco dopo. Il giovane viene trasportato all’ospedale Martini. La diagnosi parla chiaro: frattura dello zigomo, frattura del polso, ecchimosi ovunque. La prognosi iniziale è di 45 giorni, ma i medici non escludono un allungamento dei tempi. Sarà necessario un intervento chirurgico. Forse due. E non è chiaro quando – e se – potrà tornare a vivere una vita normale. Le ferite fisiche guariranno, ma quelle psicologiche resteranno più a lungo. “Ho temuto per la mia vita”, avrebbe confidato il ragazzo ai medici, appena in grado di parlare.

Nel frattempo, la famiglia ha sporto denuncia. Gli avvocati chiedono che vengano acquisite le immagini delle telecamere di videosorveglianza di zona: all’esterno del locale, lungo il percorso seguito dagli aggressori, e soprattutto in via Lima. I presenti quella notte sono stati identificati dalla polizia, ma al momento non risultano fermi. Le indagini sono in corso. Si cercano riscontri, nomi, volti. L’obiettivo è risalire agli autori del pestaggio e chiarire il ruolo di chi avrebbe dovuto garantire la sicurezza all’esterno del locale.

Perché è qui che si concentra l’altra parte dell’indignazione. “Com’è possibile che chi lavora come buttafuori decida di allontanare le vittime?”, si chiedono amici e conoscenti del giovane. Una domanda che aleggia con insistenza tra le righe dell’esposto e sui social, dove la notizia si è diffusa rapidamente.

Il Whitemoon – frequentato da centinaia di giovani ogni fine settimana – è già stato teatro di episodi controversi, anche se mai con questo livello di brutalità. Il Comune, al momento, non ha rilasciato dichiarazioni. Ma la sensazione è che la vicenda rischi di sollevare un polverone sulle modalità di gestione della sicurezza nei locali notturni e sul livello di violenza che, troppo spesso, si annida appena oltre il limite di un marciapiede illuminato.

Il giovane è ancora ricoverato. La sua prognosi potrebbe aggravarsi. I suoi genitori restano in ospedale giorno e notte. E l’intera comunità si interroga: com’è possibile che accadano ancora simili barbarie? Quanto deve essere lunga la scia di sangue per spingere qualcuno a intervenire?

Nel silenzio delle istituzioni e nell’attesa delle indagini, resta il dolore. E la speranza che giustizia venga fatta.

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