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Cronaca
05 Giugno 2025 - 10:22
Torino, cocaina nel latte materno: bambina di un anno e mezzo in crisi di astinenza
Piange senza tregua, dorme poco, vomita e ha la febbre. Ma non è un virus a tormentarla. Una bambina di appena un anno e mezzo, residente nella periferia nord di Torino, è ricoverata in ospedale per crisi di astinenza da cocaina. Una frase che toglie il fiato, e che rivela l’abisso di degrado e abbandono in cui alcuni bambini vengono lasciati crescere. A trasmetterle la droga sarebbe stata la madre tossicodipendente, attraverso l’allattamento. Un gesto quotidiano che in altre famiglie è nutrimento, calore, affetto. Qui è diventato veleno.
La vicenda è emersa nelle ultime ore, ma si inserisce in un quadro sempre più allarmante. A far partire tutto è stata una lite tra la donna e un’altra persona, che ha richiesto l’intervento della polizia. Quando gli agenti sono arrivati, si sono trovati davanti a una situazione preoccupante. È stato necessario l’intervento dei sanitari del 118, che hanno accompagnato madre e figlia in ospedale. Solo allora, con gli esami clinici, è venuta a galla la verità: la bambina era dipendente dalla cocaina.
Ora la madre rischia seriamente di perdere l’affidamento. I servizi sociali e la magistratura minorile sono al lavoro per valutare la situazione e prendere decisioni urgenti. Con la donna vivevano anche altre due figlie maggiori, al momento irreperibili. Una condizione di instabilità familiare che fa tremare i polsi e che impone un intervento coordinato delle istituzioni. I tempi della giustizia non possono essere quelli della burocrazia, perché la posta in gioco è la vita di tre bambine.
Latte in polvere
Quello che sta accadendo a Torino non è un episodio isolato. È il terzo caso in meno di un mese. Il 16 maggio, a Novara, un bambino era risultato positivo a sostanze stupefacenti. Pochi giorni dopo, nel quartiere Parella di Torino, due fratellini di 2 e 4 anni sono finiti sotto osservazione, con almeno uno dei due positivo al crack. Ora questa bambina di un anno e mezzo. Tre storie in venti giorni, tutte con lo stesso filo rosso: minori vittime della droga dei genitori.
Non si può parlare solo di disagio. Qui siamo oltre. Siamo al collasso del sistema di protezione dell’infanzia. Se una neonata riesce ad arrivare in ospedale con una dipendenza, significa che nessuno ha visto, nessuno ha segnalato, nessuno ha controllato. Serve una risposta strutturata, che metta in rete tribunali, assistenti sociali, pediatri, forze dell’ordine. Serve prevenzione, formazione, presenza. Ma serve soprattutto ascolto, perché in troppe case il grido di aiuto dei bambini resta soffocato dal silenzio degli adulti.
La bambina è ancora ricoverata. Lotta con il suo piccolo corpo contro un mostro che non ha scelto. Intorno a lei, i medici cercano di contenerne il dolore. Ma la cura non può finire tra le mura dell’ospedale. Deve iniziare fuori. Tra le case, nei quartieri, nelle scuole. Perché ogni nuovo caso non sia solo una notizia, ma un punto di svolta.
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