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Cronaca
03 Giugno 2025 - 18:18
Cartella clinica alla mano, sneaker ai piedi: la baby gang dei figli perbene che aggredisce per noia
Torino, marzo 2024. Non avevano bisogno di rubare, eppure lo hanno fatto. Non erano in fuga, né affamati, né respinti da una società ostile, eppure hanno colpito con ferocia. Hanno individuato la vittima, un diciassettenne solo sul treno, lo hanno deriso, intimidito, picchiato. Tutto per un paio di scarpe costose, uno di quei modelli da collezione che spopolano tra i giovanissimi. Gli hanno spaccato la mano con un calcio, lo hanno inseguito fuori dal convoglio, preso a calci e schiaffi sulla banchina, sono risaliti sul treno e hanno continuato la loro gita “brava” tra vandalismi e benzina incendiata.
Ora quei quattro sedicenni italiani — tre residenti a Torino, uno nei dintorni — sono stati raggiunti da misure cautelari: obbligo di permanenza in casa. Sono indagati per lesioni, rapina, danneggiamenti. Il tribunale per i minorenni li attende nei prossimi giorni per gli interrogatori di garanzia. Ma quello che colpisce, in questa vicenda ricostruita dai carabinieri con l’ausilio delle telecamere di sorveglianza del treno e delle stazioni, è l’identikit dei colpevoli: studenti in regola, famiglie agiate, zero precedenti. Niente che possa spiegare un comportamento tanto spietato. E forse è proprio questo il dettaglio più inquietante.
Tutto è cominciato la mattina del 21 marzo. Il treno regionale Torino–Bardonecchia correva verso le montagne. Per i quattro minorenni doveva essere una giornata di svago. Ma ben presto — secondo le indagini — la gita è diventata una missione di sopraffazione. Hanno cominciato a girare per i vagoni come in cerca di qualcosa, o meglio di qualcuno. Hanno trovato un diciassettenne che viaggiava da solo, lo hanno avvicinato, hanno finto un approccio, poi lo hanno preso di mira: prima gli insulti, poi la richiesta delle scarpe, infine la violenza fisica.
Il ragazzo ha provato a divincolarsi, a spostarsi. Ma poco prima della fermata di Meana di Susa, quando ormai stava cercando di scendere, uno di loro lo ha colpito con un calcio violentissimo alla mano sinistra. La frattura è stata netta. Una volta sul marciapiede, lo hanno inseguito e continuato a colpire: pugni, calci, schiaffi, tutto davanti ad altri passeggeri inermi o terrorizzati. Poi sono rientrati nel convoglio, lasciandosi alle spalle una vittima ferita e umiliata.
A Bardonecchia, però, la loro furia non si è placata. Hanno notato un Apecar parcheggiato in piazza Europa, hanno cominciato a danneggiarlo, a colpire i vetri, a provare a spostarlo. Dentro il veicolo c’era una tanica di benzina: i ragazzi l’hanno usata per dar fuoco a un piccolo cumulo di oggetti, creando un falò improvvisato. Una scorribanda sfrontata, senza alcun timore, come se tutto fosse parte di un gioco.
Intanto, la vittima — che aveva chiamato il 112 — veniva soccorso e medicato. La prognosi per la frattura è stata di 30 giorni, ma le ferite emotive saranno molto più lunghe da guarire. I carabinieri, avvisati immediatamente, hanno intercettato il gruppo già a Bardonecchia, grazie a descrizioni dettagliate e immagini di sorveglianza. Nei giorni successivi sono stati identificati e indagati. Gli inquirenti parlano di un comportamento senza movente apparente, forse alimentato dall’alcol, ma non giustificabile in alcun modo.
Nelle prossime ore saranno ascoltati dai magistrati minorili, che vorranno capire quanto ci fosse di premeditato in questa violenza. Quello che è certo è che la storia mette in crisi il paradigma della baby gang come sottoprodotto del disagio. Qui non ci sono esclusi, ma inclusi che si comportano come predatori, figli della borghesia che scelgono la brutalità come linguaggio di gruppo. La vittima voleva solo arrivare in montagna. Ha finito col tornare con una mano rotta e una paura nuova.
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