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Cronaca

Condannato per violenza sessuale su minori, era ai domiciliari ma non ha mai smesso di uscire

Dopo l’ennesima evasione, segnalato dalla titolare di un locale per molestie alle clienti. La Polizia lo arresta e questa volta finisce in carcere

Condannato per violenza

Condannato per violenza sessuale su minori, era ai domiciliari ma non ha mai smesso di uscire

Non ha smesso di uscire, nonostante la misura dei domiciliari. Non ha smesso di importunare, nonostante le accuse. Non ha smesso di spaventare, nonostante i precedenti. Ma ora, dopo l’ennesima evasione, il trentenne straniero protagonista del caso di molestie davanti alla scuola media Quasimodo di Intra è stato arrestato e trasferito nel carcere di Verbania. Un epilogo che arriva tardi, ma che riaccende i riflettori sulla fragilità delle misure alternative alla detenzione, soprattutto quando a beneficiarne sono soggetti che ignorano sistematicamente i limiti imposti dalla legge.

Tutto comincia il 29 aprile scorso, quando fuori dai cancelli della scuola, all’uscita degli studenti, l’uomo avvicina alcune ragazzine, le infastidisce con parole e gesti inappropriati, arrivando a baciare una di loro sul volto. Un episodio grave, che fa scattare l’accusa di violenza sessuale su minori. Il giudice dispone per lui i domiciliari. Ma il rispetto delle regole, per il trentenne, resta lettera morta.

Nei giorni successivi, infatti, viene sorpreso ben due volte fuori dalla propria abitazione e arrestato dai carabinieri per evasione. In entrambi i casi, però, la misura rimane invariata: domiciliari confermati. Una scelta che suscita perplessità, alla luce del profilo dell’individuo e della reiterazione del comportamento. Ma la misura viene disattesa ancora, per la terza volta.

L’ultimo intervento è della squadra volanti della Polizia di Verbania, che lo blocca dopo la segnalazione della titolare di un bar. La donna chiama le forze dell’ordine preoccupata dalla presenza di un uomo che sta infastidendo gli avventori del locale, in particolare alcune giovani clienti. Racconta che già nel primo pomeriggio lo aveva visto entrare e comportarsi in modo molesto. Una presenza disturbante, sgradita, che mette tutti a disagio.

Gli agenti arrivano e lo trovano ancora lì, in palese violazione dei domiciliari, libero di circolare, libero di minacciare nuovamente la tranquillità altrui. Questa volta, però, la misura cambia: niente più arresti domiciliari, l’uomo viene trasferito in carcere. Una decisione tardiva, ma inevitabile.

La vicenda mette a nudo una serie di domande che il territorio non può più ignorare. Com’è possibile che un molestatore seriale, con un’accusa grave e due precedenti evasioni in pochi giorni, non fosse ancora stato recluso? Quanto deve accadere prima che si agisca in modo proporzionato? E soprattutto: quanto pesa la voce delle vittime, in questo sistema?

Il caso del trentenne di Intra è un simbolo di come il confine tra tutela dei diritti dell’imputato e protezione delle vittime sia sempre più sottile. Ma quando in gioco c’è la sicurezza dei minori, ogni esitazione può trasformarsi in complicità indiretta.

Ora che il soggetto si trova finalmente in carcere, la comunità tira un sospiro di sollievo. Ma la domanda resta: per quanto tempo ancora? Perché se la giustizia è troppo lenta a proteggere chi è vulnerabile, la paura resta. E con essa, l’idea che certe porte siano troppo facili da aprire. Anche quelle di casa, quando dovrebbero restare chiuse.

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