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Cronaca
27 Maggio 2025 - 09:20
Torino, il dolore di una madre: "È morta una bambina, non si è rotto un giocattolo" (foto archivio)
Non ci sarà nessun processo per la morte di Elena Agiurgioaie, la bimba di 11 anni originaria di Chieri, deceduta nel luglio scorso all’ospedale Regina Margherita di Torino. Nemmeno una verità giudiziaria. La Procura ha chiesto e ottenuto l’archiviazione del fascicolo per omicidio colposo. Secondo le indagini coordinate dal pm Gianfranco Colace, nessun medico avrebbe commesso errori. L’autopsia parla di arresto cardiaco. Punto. Non c’è altro da dire, almeno per la giustizia.
Ma per una madre, Elisabetta Sinicropi, non basta. «Cosa è successo a Elena resterà sempre un mistero», ripete oggi, con una voce che sa di frustrazione e di resa. Elena era malata? Non davvero. Aveva solo una tosse persistente, che i genitori avevano cercato di curare passando da un medico all’altro. Risposte vaghe, rassicurazioni. Fino all’arrivo al Regina Margherita, una delle strutture pediatriche d’eccellenza in Italia. Anche lì, nessun allarme. Solo un’indicazione: fare una biopsia. Una procedura, è stato spiegato, per “escludere cause gravi”. Ma Elena ha smesso di respirare, pochi minuti dopo.
In quegli istanti il tempo si è fermato. L’ospedale ha aperto un esposto, come da prassi. Anche la famiglia lo ha fatto. I funerali sono stati bloccati in attesa degli esiti autoptici. E mentre la città di Chieri piangeva in silenzio, il caso finiva in un fascicolo destinato a chiudersi nel nulla. Per i magistrati non ci sono responsabilità da accertare. Per la famiglia, presentare opposizione avrebbe significato scontri, udienze, perizie, soldi. E dolore su dolore. «Ci hanno consigliato di non opporci», spiega la madre. E così la richiesta di archiviazione è diventata definitiva.
Ma non c’è rassegnazione, solo amarezza. «Nessuno è mai venuto a chiederci scusa», dice. E lo ripete con un filo di voce che pesa più di una condanna. «Non si tratta di ridurre la sofferenza. Ma è morta una bambina, non si è rotto un giocattolo». Nelle sue parole c’è tutta la sproporzione tra la burocrazia della morte e il sentimento del lutto. Tra il diritto penale e la vita vera. Tra un certificato e una figlia che non torna.
Elena avrebbe compiuto dodici anni il prossimo 6 giugno. La sua famiglia la ricorderà facendo volare palloncini bianchi nel cielo. Un gesto simbolico, pieno di tenerezza. Forse anche di rabbia. «La ricordo ovunque, nei miei pensieri, nelle strade, quando accompagno sua sorella a scuola. Anche lei voleva iniziare le medie, non vedeva l’ora». Una vita fermata prima ancora di iniziare. Una cartella clinica, un referto, e poi più nulla.
Ci sono casi in cui il dolore non trova parole, e allora si cercano colpe. E quando anche quelle sfuggono, resta la domanda. Cosa è successo davvero a Elena? Nessuno lo sa. O forse nessuno vuole davvero saperlo. Di certo, nessuno ha chiesto scusa.
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