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Cronaca

Migrante minorenne disperso tra i boschi al confine italo-francese

Ore di angoscia tra le Alpi per un uomo etiope scomparso nella neve

Migrante disperso

Migrante disperso tra i boschi al confine italo-francese

Ha camminato tra i pini nel buio, cercando una via verso la Francia. Solo, infreddolito, confuso, inghiottito dai boschi che separano Claviere dal confine. È finita bene, ma poteva essere l’ennesima tragedia alpina. Nella notte tra il 25 e il 26 maggio, un migrante etiope si è perso durante un tentativo di attraversamento clandestino del confine italo-francese, mettendo in moto una macchina dei soccorsi che ha sfidato il buio, la temperatura e la complessità del territorio.

L’uomo faceva parte di un gruppo di migranti partiti da Claviere, uno dei varchi montani più battuti dai disperati che vogliono entrare in territorio francese senza essere respinti. Il gruppo, durante la marcia, si è disperso. Uno di loro si è staccato, ha smarrito il sentiero, e in pochi istanti è scomparso. A lanciare l’allarme sono stati i compagni di viaggio, terrorizzati all’idea che potesse essersi fatto male, o peggio, essere scivolato nel nulla.

L’allerta ha raggiunto immediatamente i carabinieri, i tecnici del soccorso alpino e i sanitari del 118, che hanno attivato un’operazione di ricerca notturna in una delle zone più difficili e ostili del versante occidentale piemontese. Il territorio tra Claviere e Monginevro non perdona: impervio, scosceso, disseminato di canaloni, crepacci e boschi fitti, è noto per aver inghiottito decine di migranti negli ultimi anni. Il meteo instabile e le condizioni di scarsa visibilità hanno reso le operazioni ancora più complesse.

Fortunatamente, le squadre di soccorso sono riuscite a individuare e trarre in salvo l’uomo, che è stato immediatamente trasportato all’ospedale di Susa per accertamenti. Era infreddolito e disorientato, ma vivo. Un dettaglio che oggi fa la differenza.

Il salvataggio riporta al centro dell’attenzione una rotta migratoria silenziosa, fatta di passaggi notturni, mappe disegnate a voce, telefonini scarichi, paure sussurrate tra gli alberi. Un percorso che inizia lontano, attraversa deserti, carceri libiche, coste italiane e termina spesso su una mulattiera di montagna, nella speranza che al di là del crinale ci sia un futuro.

Le istituzioni locali, da tempo, sono consapevoli della portata del fenomeno. Le operazioni di pattugliamento e soccorso non sono nuove: ma ogni caso ha un volto, una storia, una scelta estrema. E ogni salvataggio è una corsa contro il tempo e contro il gelo.

Dall’altra parte, la solidarietà delle comunità alpine resta l’elemento più visibile e umano. Associazioni, volontari, rifugi temporanei, termos di tè caldo offerti da mani stanche ma attente: è questo il tessuto che cerca di tenere in piedi la dignità in quota. L’uomo etiope oggi è al sicuro. Ma il suo passo smarrito tra i boschi racconta molto più di un salvataggio: è il simbolo di un’umanità che non si rassegna al confine come barriera assoluta.

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