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Cronaca

Traffico di migranti: sgominata la rete criminale sulla rotta balcanica, ma la caccia ai complici continua

Migranti sequestrati, picchiati e filmati per estorcere denaro ai familiari. Dietro il traffico lungo la rotta balcanica, un'organizzazione spietata che trasformava hotel e appartamenti in centri di detenzione

Sgominata rete pakistana

Traffico di migranti: sgominata la rete criminale sulla rotta balcanica, ma la caccia ai complici continua

Sette arresti, una caccia internazionale ancora aperta e un'indagine che scoperchia l’ennesimo orrore nascosto tra le pieghe della disperazione. L’ultima operazione della squadra mobile di Trieste, in sinergia con lo SCO e le forze di polizia di Slovenia, Bosnia e Croazia, ha dissolto una rete criminale pakistana dedita al traffico di migranti sulla rotta balcanica. Un sistema feroce e metodico, che trasformava le promesse di un futuro migliore in gabbie di violenza, minacce e ricatti.

I migranti partivano da lontano: Pakistan, Nepal, Afghanistan, India. Attraversavano il mondo inseguendo una speranza, pagando tra i 4.000 e i 6.000 euro per un “biglietto” che li avrebbe condotti in Italia. Ma ciò che li attendeva non era un viaggio. Era un calvario. Dai campi profughi di Bihac, in Bosnia, attraversavano i boschi ostili della Croazia e della Slovenia fino a Trieste. Durante il percorso, appartamenti fantasma e hotel compiacenti—soprattutto a Zagabria—venivano usati come tappa intermedia. Luoghi anonimi in cui venivano nascosti, spesso affamati, picchiati, costretti al silenzio con la paura.

Il punto più atroce dell’inchiesta è il sequestro a scopo di estorsione avvenuto proprio a Trieste. Tre cittadini indiani, arrivati seguendo le indicazioni di un mediatore stanziato nel campo sloveno di Logatec, sono stati rinchiusi in un appartamento. Qui, minacciati con coltelli e tirapugni, sono stati torturati. Gli aguzzini li hanno filmati mentre subivano le violenze e hanno inviato i video ai parenti per chiedere denaro. La svolta è arrivata con la denuncia disperata di un familiare dalla Lombardia. I poliziotti hanno localizzato l’appartamento, fatto irruzione e arrestato in flagranza i due carcerieri.

Intanto, le indagini si allargano. Grazie al Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, due componenti della rete sono stati bloccati in Slovenia e Bosnia. Un altro importante passeur risulta ancora latitante, ma con un mandato d’arresto internazionale già attivo. Durante le perquisizioni a Trieste, è stato arrestato un trentenne pakistano con cocaina, marijuana, coltelli e passamontagna: un arsenale di terrore per garantire il controllo delle “prede”.

Tratta di migranti

La trama che emerge è quella di una rete transnazionale, capace di agire in sincronia tra più Stati, sfruttando la fragilità dei confini e la fame di salvezza dei migranti. Una macchina del crimine organizzato che non conosce scrupoli, alimentata dalla disperazione di chi scappa da guerre, povertà o persecuzioni. Gli arresti di questi giorni sono un colpo duro, ma non bastano a smantellare un fenomeno che si rigenera ogni giorno, dove ogni migrante può trasformarsi in ostaggio, merce o ostacolo.

Quel che accade tra Bihac e Trieste non è più solo un’emergenza umanitaria: è un campo di battaglia invisibile, dove a vincere finora è stato il cinismo di chi specula sul dolore. Serve una risposta più ampia, strutturata, internazionale. Perché finché ci sarà chi paga per passare, ci sarà chi incassa per imprigionare.

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