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Cronaca

"Non doveva stare con lui": l’ossessione del vicino si trasforma in massacro. Ipotesi femminicidio

Andrea Longo perseguitava Chiara Spatola da mesi, pretendeva che lasciasse il fidanzato. Quando ha capito che stavano per trasferirsi, ha colpito: ha ucciso lei e Simone, poi si è tolto la vita. Una violenza pianificata, alimentata dal rifiuto e dal possesso

"Non doveva stare con lui": l’ossessione del vicino si trasforma in massacro. Ipotesi femminicidio

"Non doveva stare con lui": l’ossessione del vicino si trasforma in massacro. Ipotesi femminicidio

Chiara Spatola aveva 28 anni. Viveva da mesi nella paura. Una paura strisciante, quotidiana, fatta di sguardi, di attese, di frasi ripetute con ossessione. Ogni sera, al rientro dal lavoro, si trovava davanti lo stesso volto, quello del vicino di casa, Andrea Longo, 34 anni. Era lì, davanti al cancello, al portone, alle scale. Sempre lì. A fissarla, a seguirla con lo sguardo, a ripeterle “Lascia il tuo fidanzato. Tu devi stare con me”. E ogni giorno Chiara tornava a casa un po’ più stanca, un po’ più spaventata, un po’ più convinta che l’unica via fosse andarsene.

Con Simone Sorrentino, il compagno di 23 anni con cui divideva la vita e il lavoro in una fonderia di Beinasco, aveva deciso di cambiare città, di lasciare Volvera, quel grosso cascinale ristrutturato in via XXIV Maggio dove avevano trovato casa. Una strada tranquilla, a venticinque chilometri da Torino. Tranquilla, fino a ieri sera. Perché ieri, Chiara e Simone erano andati a scegliere i mobili per la loro nuova casa, quella che avrebbe dovuto essere l’inizio di un nuovo capitolo, un posto lontano dall’ossessione che li stava consumando. Sono rientrati verso l’ora di cena, inconsapevoli che quella decisione di cambiare vita, qualcuno, Andrea, l’aveva vissuta come un affronto. Come un tradimento. Come una condanna.

Non hanno avuto scampo. L’uomo è salito al primo piano, ha bussato, forse ha finto tranquillità. Forse ha cercato una parola, o forse no. Alcuni vicini hanno sentito solo un litigio. Poi le urla. Poi il silenzio. Andrea Longo aveva con sé un coltello da cucina, una lama da trenta centimetri. Ha colpito con ferocia. Più volte. Un’aggressione brutale, che ha ferito a morte Chiara e Simone. I due ragazzi hanno provato a scappare. Si sono trascinati sulle scale, sanguinanti, poi nel cortile, cercando una via d’uscita, una possibilità. Ma non ce l’hanno fatta. I soccorritori li hanno trovati lì, ormai privi di vita. Poco distante, c’era il corpo dell’assassino. Longo si era tolto la vita con un colpo alla gola. La stessa arma, lo stesso sangue, lo stesso orrore.

“Perché non l’avete portato via?” gridava nella notte la madre di Chiara. Un urlo che non si dimentica. Un dolore che non si può raccontare. La donna ha spiegato tutto ai carabinieri e al quotidiano La Stampa. Ha raccontato del terrore che sua figlia provava da mesi. Del vicino che si faceva trovare ovunque, che non si arrendeva, che insisteva, che tormentava. Un tormento silenzioso, mai formalizzato in una denuncia, forse per paura, forse perché nessuno pensa mai che possa finire così. Nessuno pensa mai che accadrà davvero. E invece è accaduto.

Il pomeriggio dello stesso giorno, giovedì, Longo aveva chiamato un’ambulanza. Diceva di non sentirsi bene. I sanitari sono intervenuti, l’hanno visitato, ma hanno escluso che fosse necessario un ricovero. Così è rimasto lì, solo, ad aspettare. Aspettare Chiara. Aspettare Simone. Aspettare che la sua follia trovasse uno sfogo.

All’inizio si era pensato a una lite tra vicini, magari per qualche banale questione condominiale. Ma gli investigatori della stazione dei carabinieri di None e della compagnia di Pinerolo, scavando nelle testimonianze, nei messaggi, nella quotidianità della vittima, hanno scoperto l’inferno. Hanno capito che non si trattava di un raptus improvviso, ma di una persecuzione sistematica, costruita giorno dopo giorno. Andrea Longo aveva un passato da camionista, era disoccupato, con qualche precedente. Ma nessuno avrebbe potuto immaginare che arrivasse a tanto.

chiara spatola

Nel fascicolo aperto dalla Procura di Torino ora si ipotizza anche il reato di femminicidio. Perché Chiara non è morta solo per mano di un uomo. È stata uccisa perché donna, perché libera, perché non ha ceduto, perché ha detto no. Una storia come tante, una delle troppe. Eppure, unica nella sua tragedia. Un epilogo che lascia una domanda, che non trova risposta: perché non l’avete portato via? Quella frase urlata nel buio dalla madre di Chiara, resta lì, inchiodata al silenzio delle istituzioni, ai limiti dell’intervento, ai segnali che nessuno ha colto o voluto vedere. Resta lì, in quella casa che doveva essere un rifugio, e invece è diventata un mattatoio.

Chiara Spatola e Simone Sorrentino volevano solo vivere. Cambiare casa. Iniziare un nuovo percorso. Pensare al futuro. Sognare. Amarsi. Invece, sono finiti in prima serata nei telegiornali. In un trafiletto che dice “tragedia a Volvera”. Ma non è una tragedia. È un delitto annunciato. È una sconfitta. L’ennesima. Di uno Stato che arriva sempre dopo. Di un sistema che protegge solo quando è tardi. Troppo tardi.

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