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18 Aprile 2025 - 22:40
Emergenza maltempo, la segheria Paniati travolta dall’acqua: “I danni sono incommensurabili. Ma Stefano è vivo, e questo è un miracolo”
Una scala di ferro. Un figlio che tende la mano. Un uomo travolto dall’acqua, strappato alla corrente con la forza della disperazione. È successo giovedì 17 aprile alla segheria Paniati di Cavagnolo, tra le attività più duramente colpite dall’alluvione che ha devastato la collina chivassese, portando con sé tronchi, travi, attrezzi, ma soprattutto anni di lavoro, sacrifici e vita.
Il Rio Trincavena, ingrossato da ore di pioggia battente, è sceso a valle come una valanga intorno all'ora di pranzo. A nulla sono valsi gli argini: l’acqua ha sfondato il muro del magazzino, ha spazzato via tutto. Dentro, tra cortile e capannoni, c’era Stefano Paniati, il titolare, che in quel momento stava lavorando su un muletto. Non ha avuto scampo: il mezzo si è rovesciato e l’uomo è stato inghiottito dall’acqua. A salvarlo è stato il figlio Simone, che si era rifugiato su una scala di ferro.
“Simone l’ha visto cadere, non ci ha pensato un attimo. L’ha afferrato con tutte le sue forze. Insieme sono riusciti a entrare nella parte del capannone che l’acqua non aveva ancora invaso” racconta l’ex moglie di Stefano, ancora sotto shock. “È stato portato al pronto soccorso di Casale per le ferite. È vivo. E questo, oggi, conta più di tutto”.
La testimonianza della donna
Ma intorno, il paesaggio è quello di un inferno di fango. Parte del tetto del magazzino è crollato, l’acqua ha toccato il metro di altezza, portandosi via tronchi e travi che hanno continuato la loro corsa impazzita fino ai campi vicini, al centro di Cavagnolo e perfino in via Piave e Trincavena a Brusasco, dove oggi si spalano detriti che parlano di quanto sia stata violenta e imprevedibile quella piena.
“I danni sono incommensurabili – dice ancora la donna – non sappiamo nemmeno da dove cominciare”.
E oggi, venerdì 18 aprile, il fango è ovunque. Sulle mani, nei vestiti, negli occhi. Ma c’è anche qualcosa che resiste. Forse si chiama vita, forse testardaggine, forse solo amore per il proprio lavoro. In mezzo alle rovine della segheria, resta il suono delle pale, dei passi che affondano nel terreno molle, e la voce di chi non si arrende: “Ci rialzeremo, come sempre. Ma questa volta sarà dura”.
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