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Cronaca

Opere d'arte scomparse: chiesta l'archiviazione per il prete esorcista

L’avvocato Maurizio Caldararo: “Chiara conferma dell’estraneità ai fatti del mio assistito Monsignor Marino Maria Basso”.

Opere d'arte scomparse: chiesta l'archiviazione per il prete esorcista

Dopo mesi di indagini, linchiesta sulle opere d’arte scomparse perviene ad una svolta: il pubblico ministero Elisa Buffa ha chiesto l’archiviazione per monsignor Marino Basso e per gli altri quattro indagati – tra cui due restauratori professionisti – nell’inchiesta sulle opere d’arte scomparse da alcuni edifici religiosi del Torinese e del Vercellese.

Monsignor Basso, noto sacerdote e già figura di spicco nell’Arcidiocesi di Torino – esorcista, formatore in seminario, segretario del Consiglio presbiterale e rettore della Consolata per dodici anni (dal 2006 al 2014) – era stato indagato per presunto furto di una sessantina di opere d’arte, tra cui diversi dipinti e tre pregiati arazzi di manifattura fiamminga, già danneggiati nell’incendio del Duomo di Torino del 1997 e poi trasferiti alla Consolata per motivi di sicurezza.

La scintilla scatta nel 2021, quasi per caso, in un mercatino dell’usato di Borgo d’Ale, in provincia di Vercelli. Un carabiniere del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale nota un dipinto esposto su una bancarella: lo riconosce. La tela, a suo avviso, somiglia moltissimo a un’opera di cui è stata segnalata la sparizione dal convento di Susa, struttura religiosa che nel 2022 sarebbe stata chiusa e trasformata in boutique hotel. I monaci, poco prima della dismissione, confrontando l’inventario con le opere rimaste, avevano notato diverse mancanze.

Il quadro del mercatino risulta proprio quello. Scatta l’indagine. Il cerchio si stringe attorno al venditore e, in breve tempo, anche su monsignor Basso, che aveva operato in passato a Susa e risiedeva, all’epoca, in Villa Sacro Cuore, splendida residenza settecentesca accanto alla canonica di Pecetto Torinese, il paese delle ciliegie.

Il 30 gennaio 2024, alle prime luci dell’alba, i carabinieri fanno irruzione nella villa: cercano le opere scomparse. E qualcosa trovano. Ma di altre opere e degli arazzi della Consolata, quelli che secondo le ipotesi iniziali avrebbero potuto essere stati sottratti da don Basso durante il suo rettorato, nessuna traccia. Nessuna delle opere più preziose e più discusse compare nei sequestri.

I mesi successivi sono scanditi da indagini, accertamenti, verifiche incrociate, indagini difensive, articolate ricostruzioni dei movimenti delle opere. Si analizzano anche eventuali mancanze nella parrocchia di Pecetto. Ma alla fine, nulla emerge a rafforzare l’impianto accusatorio iniziale. Anzi. L’intero castello comincia a vacillare. Fino alla richiesta, giunta oggi, di archiviazione per tutti gli indagati.

L'avvocato Maurizio Caldararo, difensore di monsignor Basso

Una richiesta che, per la difesa di monsignor Basso, rappresenta non solo un passaggio fondamentale, ma anche la conferma di quanto sostenuto fin dall’inizio. Con equilibrio e fermezza, l’avvocato Maurizio Caldararo, legale del sacerdote e della parrocchia di Pecetto, accoglie l’esito della fase delle indagini preliminari: 

“Sono lieto e soddisfatto di quanto deciso dalla Procura. Ho confidato sin dall’inizio nella piena estraneità di Monsignor Basso al reato contestatogli e nell’operato della magistratura. Quindi, sono certo che, in tempi brevi, si addiverrà all’archiviazione definitiva della vicenda.”

Un passaggio chiave, che segna la fine di un periodo di ombre per monsignor Basso. Le diocesi di Torino e di Susa, all’epoca in cui la notizia dell’inchiesta era esplosa (febbraio 2024), avevano già espresso fiducia nella trasparenza del sacerdote, sottolineando l’impegno delle due istituzioni ecclesiastiche per la tutela del patrimonio artistico. In una nota congiunta, si leggeva che erano “interessate alla massima tutela del proprio patrimonio artistico e culturale”, che “collaborano ad ogni livello per la sua conservazione” e che “confidano nell’operato della magistratura”.

Ora la parola spetta al giudice per le indagini preliminari. Ma la strada tracciata dalla Procura è chiara: nessuna prova concreta, nessuna responsabilità accertata, nessun furto da imputare al sacerdote. Le indagini si chiudono dove avrebbero forse dovuto non iniziare: in una villa piena d’arte, ma senza misteri.

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