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Cronaca

Punita in ginocchio sui gusci di noci: la madre-orco condannata per anni di torture

Una storia di abusi e umiliazioni durata quattordici anni, conclusasi con una condanna a Torino

Punita in ginocchio

Punita in ginocchio sui gusci di noci: la madre-orco condannata per anni di torture

Una storia che ha dell'incredibile, ma che purtroppo è vera. Una giovane donna, oggi ventenne, ha raccontato in tribunale una serie di episodi che hanno segnato la sua infanzia, portando alla condanna della madre per maltrattamenti. La donna, di origine romena e di 43 anni, è stata condannata a due anni di reclusione, una pena confermata in appello nei giorni scorsi. Ma cosa può spingere una madre a infliggere tali sofferenze alla propria figlia?

La vicenda ha inizio quando la ragazza frequentava le scuole elementari. Un brutto voto era sufficiente per scatenare la furia della madre, che la costringeva a stare in ginocchio su gusci di noci o su riso, un supplizio che lasciava segni visibili per giorni. "Dovevo sempre prendere il massimo dei voti, altrimenti venivo punita", ha raccontato la giovane in aula. Un metodo educativo che si trasforma in tortura, un'infanzia vissuta nell'ombra della paura e del dolore.

"Non mostravo i segni a nessuno, avevo paura che mamma passasse dei guai", ha confessato la ragazza. Un silenzio imposto dalla paura, dalla vergogna, dalla convinzione che tutto ciò fosse normale. La madre, secondo il racconto della figlia, non si limitava alle punizioni fisiche. "Mi ripeteva che avrebbe fatto meglio ad abortire, che non valevo niente", ha aggiunto la giovane, assistita dall'avvocata Caterina Biafora. Parole che feriscono quanto e più dei gesti, che lasciano cicatrici invisibili ma profonde.

Maltrattamenti sulla figlia



La svolta è arrivata il 20 gennaio 2021, quando una ex insegnante ha convinto la ragazza a rivolgersi alle forze dell'ordine. "Non voglio che mia madre vada in galera, ma solo che mi lasci vivere tranquilla", aveva dichiarato allora, e ha ribadito anche in tribunale. Un desiderio di libertà e serenità che ha trovato finalmente voce, dopo anni di silenzio e sofferenza. La madre, in un ultimo atto di crudeltà, l'ha cacciata di casa quando aveva 20 anni, costringendola a trovare rifugio presso l'insegnante che l'ha poi sostenuta nella denuncia.

Il processo si è concluso con la condanna della madre, un verdetto che rappresenta un passo verso la giustizia per la giovane donna. Ma la strada per la guarigione è ancora lunga. "Solo crescendo e confrontandomi con i miei compagni mi sono resa conto che i metodi utilizzati da mia mamma erano del tutto errati", ha riflettuto la ragazza. Un percorso di consapevolezza che l'ha portata a rompere il silenzio, a cercare aiuto, a ricostruire la propria vita.

Questa vicenda solleva interrogativi profondi su come la società possa prevenire e intervenire in situazioni di abuso domestico. Come possiamo garantire che nessun bambino debba mai più subire simili atrocità? La storia di questa giovane donna è un monito, un richiamo alla responsabilità collettiva di proteggere i più vulnerabili. È un invito a non voltare lo sguardo, a non ignorare i segnali di sofferenza, a essere vigili e pronti a intervenire.

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