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Cronaca

Cristina Seymandi trascina in tribunale gli hater

Il giudice ordina alla Procura di Torino di proseguire le indagini contro gli hater. Gli attacchi contro l’imprenditrice richiamano la direttiva UE del 2024 sul linguaggio d’odio di genere

Insulti e Minacce a Cristina Seymandi: Il Gip di Torino Ordina Nuove Indagini

Cristina Seymandi

Gli insulti sessisti sui social possono essere perseguiti grazie a una direttiva del 2024 dell'Unione Europea. È questa la chiave di volta del provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari Lucia Minutella, del tribunale di Torino, che ha ordinato alla Procura di proseguire l’inchiesta sugli attacchi subiti dall’imprenditrice Cristina Seymandi.

Nel suo provvedimento, la giudice osserva che la direttiva europea introduce il "genere" tra i motivi di discriminazione che rendono punibili condotte di istigazione all'odio e alla violenza. Un principio che risuona forte nel caso in questione: gli attacchi rivolti a Seymandi, come sottolinea il gip, non sono semplici espressioni di un giudizio critico, ma si configurano come "veri e propri insulti" che si concentrano sulla morale sessuale femminile, basandosi su stereotipi di genere e animati da finalità palesemente offensive.

La vicenda di Cristina Seymandi è esplosa nell'estate del 2023, quando un video diffuso sui social ha mostrato il momento in cui il suo ex compagno, l’imprenditore Massimo Segre, l’accusava pubblicamente di tradimento durante una festa. Quelle immagini, rapidamente diventate virali, hanno scatenato una valanga di commenti, molti dei quali pieni di insulti e odio, soprattutto nei confronti della donna.

"Arrampicatrice sociale", "vergogna per le donne", "vergognati": queste alcune delle frasi riportate nella denuncia. Per mesi, l'imprenditrice ha dovuto sopportare il peso di un odio che, anziché affievolirsi, si è alimentato della viralità dei post e dei video.

La decisione della gip Minutella si inserisce in un contesto giuridico profondamente trasformato dall’introduzione della direttiva europea del 2024, che mira a combattere con maggiore efficacia il linguaggio d'odio e la violenza di genere. La norma, innovativa nel suo genere, rappresenta un passo importante per riconoscere il peso dei pregiudizi di genere nelle dinamiche di violenza verbale e psicologica, soprattutto nel mondo digitale.

La giudice ha chiarito come gli insulti ricevuti da Seymandi non possano essere classificati come mere critiche, ma rappresentino invece un'aggressione verbale motivata da stereotipi misogini. Un'aggressione che, alla luce della normativa vigente, richiede un approfondimento investigativo per identificare e perseguire i responsabili.

Cristina Seymandi non è una figura qualsiasi. Imprenditrice di successo, in passato vicina ad ambienti politici, ha spesso ricoperto ruoli di rilievo nella sfera economica piemontese. Eppure, dopo l’episodio del video, si è ritrovata esposta a un odio che ha travalicato i confini del privato, trasformandola in un bersaglio pubblico.

"La battaglia per la dignità femminile non è mai una battaglia personale, ma collettiva", aveva dichiarato Seymandi in un’intervista, sottolineando come il suo caso fosse emblematico di un problema più ampio: la difficoltà delle donne, soprattutto se in posizioni di potere, di sottrarsi a una narrazione tossica che riduce ogni loro azione a una questione di moralità sessuale.

La decisione della gip Minutella non è solo un atto giuridico, ma un messaggio forte e chiaro: l’odio di genere non può e non deve essere tollerato. Ora, spetta alla Procura individuare gli autori dei messaggi diffamatori e procedere nei loro confronti. Questo caso rappresenta un banco di prova per la capacità delle istituzioni di utilizzare gli strumenti normativi a disposizione per contrastare fenomeni sempre più diffusi, che rischiano di rendere i social uno spazio di violenza anziché di confronto.

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