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Giudiziaria
06 Dicembre 2024 - 04:57
Cristina Seymandi
Cristina Seymandi non si arrende e decide di combattere su ogni fronte per ristabilire la propria dignità. Al centro della vicenda c’è l’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dalla Procura di Torino, che Seymandi, attraverso il suo avvocato Claudio Strata, contesta con forza. Al giudice per le indagini preliminari viene chiesto di ordinare il proseguimento delle indagini o di disporre l’imputazione coatta per i responsabili dei commenti diffamatori ricevuti sui social. Quella che era iniziata come una vicenda personale – già di per sé dolorosa – si è trasformata in un vero e proprio caso mediatico e giudiziario, specchio di un problema ben più ampio: la violenza verbale sui social network.
Tutto ha avuto inizio nell’estate del 2023, durante una festa organizzata per annunciare il matrimonio tra Massimo Segre, banchiere torinese di spicco, e Cristina Seymandi, imprenditrice e figura nota negli ambienti economici e politici di Torino. Davanti a una platea di amici e parenti, Segre ha dichiarato pubblicamente la fine della relazione, accusando Seymandi di tradimento. Quel discorso, immortalato in un video, è diventato virale in poche ore, trasformando la vita privata della donna in uno spettacolo per il pubblico digitale.
La diffusione del video ha scatenato una valanga di commenti sui social network, molti dei quali offensivi e denigratori nei confronti di Seymandi. Tra gli insulti più gravi spiccano frasi come “Andavi presa a calci”, “così quella z... la prossima volta impara”, e “le t... vanno punite in questo modo”. Nonostante la gravità di tali affermazioni, il pubblico ministero Roberto Furlan ha ritenuto che non vi siano i presupposti per processare gli autori dei commenti. Secondo il magistrato, nell’attuale contesto dei social network “non pare più esigibile che la critica ai fatti privati delle persone si esprima sempre con toni misurati e eleganti”. In altre parole, la progressiva diffusione dei social avrebbe normalizzato l’uso di espressioni sarcastiche, polemiche o addirittura inurbane.
Un ragionamento che Seymandi contesta con forza, ritenendolo pericoloso e ingiustificabile. Nel documento presentato al GIP, il suo legale scrive: “Si vuole davvero fare passare la brutalità dei commenti come fisiologica espressione del diritto di critica?” E continua: “Tale epilogo si rivelerebbe assai pericoloso, in quanto legittimerebbe qualsivoglia individuo a esprimersi nelle più volgari, offensive e denigratorie maniere in qualunque contesto, sconfinando nell’aggressione gratuita alla sfera morale altrui o nel dileggio o disprezzo”. La tesi di fondo è chiara: non è accettabile che i social network diventino un’area franca dove le regole del rispetto reciproco e della dignità personale possano essere ignorate in nome di un presunto diritto di critica.
Seymandi e il suo avvocato non si limitano a contestare la posizione della Procura, ma forniscono anche prove concrete per identificare gli autori dei commenti. Ogni offesa è stata accompagnata da un link al profilo dell’utente, corredato da una relazione tecnica che attesta la corrispondenza tra i commenti e gli autori. “Questa superficiale osservazione non è suffragata da atti di indagine adeguati, anzi. Nel fascicolo non sono presenti atti di indagine”, denuncia Strata, sottolineando che la Procura avrebbe liquidato con troppa leggerezza una questione di grande rilevanza morale e sociale.
Seymandi, già protagonista di un episodio che l’ha esposta al giudizio pubblico più feroce, non intende lasciar cadere la questione. Per lei, il problema non è solo personale, ma riguarda la salvaguardia di un principio fondamentale: il rispetto della dignità umana, anche nel mondo digitale. “Deve esistere una zona franca nella quale, se il contesto o le vicende non permettono di esprimersi con toni misurati ed eleganti, si deve quanto meno non sconfinare in gratuite offese contro la persona”, ha dichiarato Seymandi, ribadendo la sua volontà di vedere riconosciuta la responsabilità degli autori dei commenti offensivi.
Questa vicenda, però, non è solo un confronto legale. È anche il riflesso di una società che fatica a trovare un equilibrio tra libertà di espressione e rispetto reciproco. Seymandi, che nel frattempo ha continuato la sua carriera imprenditoriale nonostante le difficoltà, è diventata un simbolo della lotta contro il cyberbullismo e le violenze digitali. Recentemente ha annunciato la pubblicazione di un libro in cui racconterà la sua esperienza, destinando parte dei proventi a progetti per sostenere donne vittime di abusi e discriminazioni.
Il giudice per le indagini preliminari dovrà ora decidere se accogliere l’opposizione di Seymandi o confermare la richiesta di archiviazione. Qualunque sia l’esito, il caso resterà un punto di riferimento per il dibattito su come affrontare le nuove forme di violenza nate nell’era digitale. Intanto, Cristina Seymandi continua la sua battaglia, trasformando un momento di vulnerabilità in un’occasione per lottare per i diritti e la dignità di tutti.
Il "caso Segre-Seymandi" ha catturato l'attenzione mediatica italiana nell'estate del 2023, quando Massimo Segre, noto banchiere torinese, durante una festa organizzata per annunciare il suo matrimonio con Cristina Seymandi, imprenditrice e figura di spicco nella società torinese, ha pubblicamente accusato la futura sposa di infedeltà. L'episodio, avvenuto il 27 luglio 2023, è stato registrato e il video è rapidamente diventato virale, suscitando ampio dibattito pubblico.
Successivamente, Cristina Seymandi ha presentato una querela contro Segre per violazione della privacy e violenza privata. Tuttavia, nell'ottobre 2023, le parti hanno raggiunto un accordo riservato che ha portato al ritiro della querela da parte di Seymandi. La Procura di Torino ha ricevuto la remissione della querela e ha valutato se procedere d'ufficio per eventuali reati perseguibili indipendentemente dalla volontà della parte lesa
Nel settembre 2024, il Garante della Privacy ha concluso che Massimo Segre non è imputabile per la diffusione del video, poiché l'incarico di registrare l'evento era stato conferito per scopi legali interni e non per una divulgazione pubblica
A distanza di un anno dall'evento, Cristina Seymandi ha annunciato l'intenzione di scrivere un libro intitolato "Ribelle", in cui condividerà le sue esperienze personali e professionali. Parte dei proventi sarà destinata a progetti a sostegno delle donne in condizioni di fragilità
In ambito professionale, la Savio, azienda leader nel settore degli accessori per serramenti in alluminio, ha subito un cambiamento significativo. Cristina Seymandi, che deteneva l'80% delle quote aziendali, ha ceduto la sua partecipazione all'imprenditore israeliano Nash Abramov, attuale amministratore delegato della società. Nonostante la cessione, Seymandi rimane nel consiglio di amministrazione come consigliera
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