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Cronaca
17 Gennaio 2025 - 18:47
Si chiude con una sentenza di assoluzione piena da parte della Corte d’Appello di Torino il caso giudiziario dell’infermiera di Chivasso, accusata di lesioni colpose per la perforazione intestinale di una paziente durante l’esecuzione di un clistere. La professionista, condannata in primo grado a tre mesi di reclusione dal Tribunale di Ivrea, è stata assolta con la formula “il fatto non costituisce reato”. Le motivazioni della sentenza saranno depositate il prossimo 18 marzo, ma intanto emergono dettagli significativi che hanno portato alla ribaltamento della condanna.
Soddisfatto il difensore dell’imputata, l’avvocato Giovanni Anania, che ha spiegato: “La perforazione intestinale è avvenuta a seguito del clistere, ma non a causa del clistere. Si tratta di un caso evidente di fallatio logica: il ragionamento post hoc ergo propter hoc non può essere utilizzato in un contesto giudiziario. Non si può sostenere che solo perché la perforazione è avvenuta dopo l’esecuzione del clistere, allora la causa sia necessariamente quella. Non c’è stato né errore né un motivo di causa-effetto accertato”.
La vicenda risale al marzo del 2019, quando una paziente di 85 anni, residente a Settimo Torinese, venne ricoverata all’ospedale di Chivasso per una frattura al femore. Durante il ricovero, la donna fu sottoposta a due clisteri, uno prima e uno dopo l’intervento chirurgico. Al termine del secondo, l’anziana riportò una perforazione intestinale e una lacerazione anale, che richiesero un intervento d’urgenza per l’applicazione di una colostomia temporanea.
La paziente, costituitasi parte civile con l’assistenza dell’avvocato Marco Bertuzzi, aveva accusato l’infermiera di aver eseguito in modo maldestro la procedura, causando il grave danno fisico. L’Asl To4, ritenuta responsabile civile, era stata condannata in solido con l’infermiera al pagamento di una provvisionale di 20.000 euro.
In primo grado, il Tribunale di Ivrea aveva accolto la tesi della Procura, che attribuiva l’episodio a una condotta negligente e imprudente dell’infermiera G.D.P.. Il medico legale della Procura, la dottoressa Silvana Temi, aveva individuato profili di colpa nella manovra eseguita e nella mancata valutazione delle condizioni post-operatorie della paziente. Anche l’anatomopatologa incaricata aveva confermato che un errore tecnico durante l’esecuzione del clistere avrebbe potuto causare la lesione.
La condanna, emessa dal giudice Antonella Pelliccia, sembrava chiudere la vicenda, ma l’avvocato Anania ha presentato appello, evidenziando numerosi punti critici nella ricostruzione accusatoria.
La Corte d’Appello di Torino ha accolto le argomentazioni della difesa, evidenziando come non fosse possibile stabilire con certezza il nesso causale tra il clistere eseguito e la perforazione intestinale. Il motivo centrale dell’appello, secondo l’avvocato Anania, è stato dimostrare che “non si può sostenere che la perforazione è avvenuta dopo il clistere e, di conseguenza, attribuire automaticamente la colpa alla manovra”.
La sentenza del Tribunale di Ivrea è stata definita come “viziata da fallatio logica”, poiché basata su un ragionamento non sostenuto da prove scientifiche adeguate. Il giudizio d’appello ha quindi ritenuto che il fatto non costituisse reato, assolvendo l’infermiera con formula piena.
L’assoluzione ha suscitato sollievo e soddisfazione tra i colleghi dell’infermiera e tra gli operatori sanitari del reparto di Ortopedia dell’ospedale di Chivasso. Il sindacato degli infermieri Nursind, che ha sostenuto la collega fin dall’inizio, ha espresso piena soddisfazione per il verdetto.
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