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Cronaca
02 Gennaio 2025 - 14:55
Il calcio italiano perde una delle sue figure più controverse e amate. Aldo Agroppi, ex calciatore, allenatore e opinionista televisivo, è morto all’età di 80 anni, a Piombino, la città che gli aveva dato i natali il 14 aprile 1944. Ricoverato per una polmonite bilaterale, Agroppi si è spento lasciando un vuoto incolmabile per tutti coloro che hanno amato il calcio genuino, fatto di passione, sacrificio e, perché no, polemiche accese.
Anticonformista, ironico, fumantino, Agroppi tirò i primi calci nel vivaio del Piombino, per poi iniziare una carriera che lo portò a vestire maglie importanti come quelle del Torino, del Genoa e del Perugia.
Dopo un periodo in prestito a Ternana e Potenza, tornò al Torino, dove si consacrò come bandiera granata. In otto stagioni con il Toro collezionò 212 presenze e 15 reti, contribuendo alla conquista di due Coppe Italia nelle stagioni 1967-68 e 1970-71. Il suo debutto in Serie A avvenne il 15 ottobre 1967, un giorno al contempo tragico e memorabile: Gigi Meroni, suo compagno di squadra, morì in un incidente stradale poche ore dopo quella partita contro la Sampdoria.
Agroppi raccontò più volte quel giorno come il più bello e più triste della sua vita, segnato da un’esplosione di emozioni contrastanti.
Agroppi era un centrocampista grintoso, un lottatore capace di incarnare lo spirito del calcio italiano degli anni Sessanta e Settanta. Dopo aver lasciato il Torino nel 1975, si trasferì al Perugia, squadra con cui disputò le sue ultime stagioni da calciatore prima di ritirarsi nel 1977.
In Nazionale, collezionò cinque presenze tra il 1972 e il 1973, esordendo il 17 giugno 1972 in un'amichevole contro la Romania a Bucarest. L’orgoglio di vestire la maglia azzurra non fu mai oscurato dal numero esiguo di convocazioni; per Agroppi era un onore che portava con sé tutto il peso di una carriera costruita sul campo, senza compromessi.
Conclusa la carriera da giocatore, Agroppi intraprese quella da allenatore, iniziando col Pescara in Serie B nella stagione 1980-81. Il suo nome si legò indissolubilmente al Pisa, che portò in Serie A nella stagione 1981-82. Fu poi alla guida di diverse squadre, tra cui Padova, Perugia, Fiorentina, Como e Ascoli. La sua avventura più significativa da allenatore fu forse al Perugia nella stagione 1984-85, quando i biancorossi persero una sola partita in campionato, stabilendo un record tuttora imbattuto in Serie B. La promozione in Serie A sfuggì per un solo punto, un rimpianto che Agroppi portò con sé, mitigato però dall’orgoglio di aver guidato una squadra capace di sorprendere e lottare fino alla fine.
Con la Fiorentina, Agroppi ebbe invece un rapporto burrascoso, segnato da contrasti con gli ultras viola. Il 1° marzo 1986, dopo una partita al Franchi, rischiò uno scontro fisico con i tifosi, venendo salvato dall’intervento di Daniel Passarella. Gli episodi di tensione non mancavano nella vita di un uomo che non si tirava mai indietro dal confronto. La sua natura polemica e schietta era la cifra distintiva di una personalità capace di polarizzare, ma mai di passare inosservata.
FRANCO CAUSIO DARWIN PASTORIN ALDO AGROPPI
Dietro l’immagine del polemista duro e senza peli sulla lingua si nascondeva un uomo fragile, segnato da una vita difficile. Agroppi non nascose mai di aver lottato contro la depressione, una malattia che lo accompagnò fino alla fine. “Allenare è bello quando vinci, ma se perdi è un tormento”, raccontava con sincerità. Una vita iniziata in salita, con un’infanzia trascorsa con i nonni a causa della separazione dei genitori e la perdita prematura di un fratello. Queste esperienze lo avevano forgiato, rendendolo il combattente che tutti conoscevano, ma anche l’uomo capace di aprirsi e condividere le sue vulnerabilità.
Dopo aver chiuso la carriera in panchina, Agroppi si reinventò come opinionista televisivo.
Fu uno dei primi a portare in TV un commento schietto, diretto, spesso sopra le righe. Non risparmiava nessuno: da Marcello Lippi a Giancarlo Antognoni, passando per politici e dirigenti sportivi. La sua ironia e il suo sarcasmo lo resero un protagonista anche lontano dai campi di gioco. Le sue parole potevano ferire, ma erano sempre intrise di una verità che lui considerava imprescindibile. La capacità di far riflettere, di suscitare reazioni, era parte integrante del suo stile.
Il mondo del calcio si stringe intorno alla famiglia di Agroppi. Walter Novellino, ex calciatore e allenatore, lo ha ricordato con commozione: “Per me è stato più di un amico, un fratello. Era una persona colta, diretta, che diceva sempre ciò che pensava”. I due si erano conosciuti al Torino nella stagione 1972-73 e avevano mantenuto un rapporto di profonda amicizia. Agroppi fu anche testimone di nozze di Novellino: “Fino all’altro giorno gli dicevo che faccio il docente a Coverciano, e lui mi rispondeva: ‘Prima di morire devo venirti a vedere’”.
Il Torino, attraverso una nota ufficiale, lo ha definito “una delle icone più amate dai tifosi granata”, ricordando il suo contributo nelle vittorie in Coppa Italia e il tragico esordio in Serie A legato alla morte di Meroni. Il Perugia ha sottolineato il suo record in Serie B e il suo ruolo da capitano e allenatore.
Anche il Potenza, dove Agroppi giocò nella stagione 1966-67, lo ha celebrato come “un esempio di dedizione e spirito di squadra”. Il governatore della Basilicata, Vito Bardi, ha auspicato che il suo ricordo possa ispirare le nuove generazioni di calciatori.
Con Agroppi se ne va una figura autentica, un uomo che ha incarnato i valori di un calcio fatto di sudore, passione e battaglie. Aldo Agroppi è stato molto più di un giocatore o un allenatore: è stato una voce fuori dal coro, un polemista instancabile, ma anche un uomo capace di grandi slanci di umanità. Le sue polemiche, le sue battaglie, i suoi trionfi e le sue cadute resteranno un monito e un ricordo indelebile di un calcio che non c'è più, ma che vive nella memoria di chi lo ha amato.
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