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Cronaca

Orrore in Canavese: madre uccide la figlia di 10 mesi nella vasca da bagno

Ha poi tentato il suicidio con un coltello ed è stata trasportata in ospedale in elisoccorso. Sono in corso le indagini per chiarire il dramma

Orrore in Canavese

Orrore in Canavese (foto di repertorio)

Orrore in Canavese. Questa mattina una donna di Nole Canavese avrebbe ucciso la propria figlioletta di dieci mesi, annegandola nella vasca da bagno del loro alloggio, per poi tentare il suicidio con un coltello.

L’allarme è scattato oggi, venerdì 22 novembre, nelle prime ore della giornata. A chiamare i soccorsi è stato il padre della bimba che rientrando in casa si è trovato davanti la terribile scena. L'uomo ha tentato di rianimare la piccola in attesa che arrivassero i soccorsi, ma per lei, purtroppo, non c'era già più nulla da fare. Sul posto sono immediatamente giunti i carabinieri, che hanno avviato le indagini per ricostruire i dettagli di questa tragica vicenda familiare.

La piccola era l'unica figlia della coppia, poco più che trentenne.

Secondo le prime ricostruzioni, la donna avrebbe compiuto il drammatico gesto nella vasca da bagno, ponendo fine alla vita della piccola e cercando poi di togliersi la vita.

Al momento, gli inquirenti stanno raccogliendo elementi utili per chiarire il contesto in cui è maturato il gesto. La priorità è accertare le responsabilità e comprendere le motivazioni che hanno portato a un evento così drammatico.

Da quel che emerge, la donna era da oltre un anno in cura presso un terapista per depressione post partum e sarebbe dovuta andare oggi pomeriggio dalla psicologo. Secondo quanto si apprende da fonti investigative aveva manifestato problemi psicologici fin dai primi mesi di gravidanza.

Dopo aver ucciso la figlia, la donna ha tentato di uccidersi con un coltello. Soccorsa con l'elicottero del 118 è ora ricoverata alle Molinette di Torino dov'è piantonata dalle forze dell'ordine. Non sarebbe in pericolo di vita.

Il paese è sotto shock. «È una notizia che ci lascia senza parole – ha dichiarato un residente. Non avremmo mai pensato che qualcosa di simile potesse accadere qui».

I carabinieri stanno proseguendo le indagini con il massimo riserbo. Si attendono aggiornamenti ufficiali sulle prime analisi e sugli sviluppi dell’inchiesta.

A coordinare l'inchiesta è la Pm della Procura di Ivrea, Elena Parato.

Sul posto sono immediatamente giunti i carabinieri, che hanno avviato le indagini per ricostruire i dettagli di questa tragica vicenda familiare

Un fenomeno complesso: l'infanticidio

L’infanticidio, l’omicidio di un figlio da parte di uno o entrambi i genitori, rappresenta uno degli atti più scioccanti e incomprensibili per la società. Questo crimine scuote nel profondo le fondamenta delle relazioni umane, in particolare il legame tra madre e figlio, che culturalmente e biologicamente è percepito come sacro e indistruttibile. Ma quali sono le dinamiche psicologiche, sociali e culturali che portano una madre, talvolta anche un padre, a compiere un gesto così estremo?

Cos’è l’infanticidio e perché avviene?

Secondo la criminologia, l’infanticidio è un atto violento che può avere radici profonde in disturbi mentali, disagio economico, isolamento sociale o condizioni estreme di sofferenza personale. La legge italiana, specificamente l’articolo 578 del Codice Penale, tratta l’infanticidio come un reato distinto dall’omicidio, riconoscendo che spesso avviene in un contesto di grave alterazione psichica, come nel caso di madri che lo compiono "durante il parto o subito dopo".

Diversi studi hanno individuato categorie ricorrenti di infanticidio:

  1. Infanticidio neonatale, dove il neonato viene ucciso entro le prime 24 ore dalla nascita. Spesso, questo accade in casi di gravidanze nascoste o indesiderate.
  2. Infanticidio altruistico, in cui il genitore percepisce l’omicidio come un gesto "d’amore", spesso legato a disturbi mentali come depressione grave o psicosi postpartum.
  3. Infanticidio punitivo, più raro, dove il figlio diventa vittima della vendetta di un genitore contro l’altro.

Le madri che uccidono i figli

Le statistiche mostrano che le madri rappresentano la maggioranza degli autori di infanticidio nei primi mesi o anni di vita del bambino. La psicosi postpartum è una delle cause più riconosciute. Questo disturbo, che può manifestarsi nei primi giorni o settimane dopo il parto, è caratterizzato da allucinazioni, deliri e perdita del contatto con la realtà. In alcuni casi estremi, il pensiero distorto può portare una madre a credere che uccidere il proprio figlio sia un atto necessario.

A queste cause si aggiungono fattori sociali ed economici: la povertà, la solitudine, il rifiuto familiare e la mancanza di un supporto adeguato aumentano il rischio di gesti estremi.

Casi di cronaca italiani che hanno scosso il Paese

L’Italia non è immune da episodi di infanticidio che hanno lasciato segni indelebili nella memoria collettiva:

  • Anna Maria Franzoni e il delitto di Cogne (2002): uno dei casi più noti nella storia giudiziaria italiana, in cui il piccolo Samuele Lorenzi, di appena tre anni, fu trovato morto nella casa di famiglia. La madre fu condannata per il suo omicidio, nonostante lei si sia sempre dichiarata innocente.

  • Il caso di Giarre (2021): una giovane madre di ventitré anni gettò il figlio di pochi mesi dal balcone della sua abitazione. In seguito, fu accertato che la donna soffriva di un grave disturbo mentale.

  • Veronica Panarello e la morte di Loris Stival (2014): un bambino di otto anni venne trovato senza vita in un canalone a Santa Croce Camerina. La madre inizialmente accusò un misterioso aggressore, ma fu poi condannata per aver ucciso il figlio.

  • Michela Fiori e il delitto di Tempio Pausania (2019): una madre strangolò i suoi due bambini di sette e undici anni prima di togliersi la vita. Lasciò una lettera in cui spiegava di sentirsi schiacciata dalla solitudine e dal peso delle sue responsabilità.

Il ruolo della prevenzione

Affrontare l’infanticidio richiede un approccio complesso e multidimensionale. È cruciale potenziare i servizi di supporto per le madri in difficoltà, promuovere la salute mentale materna e creare una rete sociale che non lasci sole le donne nel momento più fragile della loro vita.

I segnali di allarme come isolamento, depressione grave, mancanza di interesse per il bambino o comportamenti autolesionistici devono essere riconosciuti e trattati tempestivamente. L’educazione della comunità, la formazione degli operatori sanitari e l’abbattimento del tabù della malattia mentale sono passi essenziali per prevenire tragedie simili in futuro.

L’infanticidio è una tragedia che porta con sé non solo il peso della morte, ma anche domande profonde sul nostro ruolo come società: sappiamo davvero proteggere chi è più fragile?

+++NOTIZIA IN AGGIORNAMENTO+++

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