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Giudiziaria
28 Giugno 2023 - 10:26
Antonino Battaglia
La Corte di Cassazione ha stabilito, il 24 maggio 2023, che la detenzione di Antonino Battaglia, ex segretario comunale di Rivarolo, non è stata ingiusta. Egli fu arrestato nel 2011 dalla Dia di Torino con l'accusa di voto di scambio mafioso con l'obiettivo di portare voti all'ex sindaco Fabrizio Bertot, nel 2009 candidato alle elezioni europee. Battaglia fu condannato in primo e secondo grado.
La sentenza è stata resa pubblica il 5 giugno. Gli eredi di Battaglia hanno portato avanti la causa dopo la sua scomparsa all'inizio dell'anno con l'obiettivo di acclarare se il lungo periodo di detenzione cautelare inflitto all'ex segretario rivarolese fosse legittimo o meno.
Nonostante la durata prolungata della restrizione cautelare rispetto alla pena effettiva inflitta, la Corte ha confermato la decisione. Inizialmente, Battaglia era stato accusato di scambio elettorale politico-mafioso per aver promesso 20.000 euro a Giuseppe Catalano, un esponente di spicco della 'ndrangheta piemontese.
Tuttavia, la Cassazione intervenne nel 2016, declassando l'accusa e escludendo l'aggravante mafiosa. Alla fine, Battaglia fu condannato a poco più di un anno di pena con la sospensione condizionale. Prima del processo, trascorse un periodo di detenzione in carcere e successivamente agli arresti domiciliari.
La difesa di Battaglia ha sostenuto che, in quell'occasione, non ci fu uno scambio di denaro ma solo una promessa. Questo non avrebbe fatto scattare il reato di scambio di voto politico-mafioso (416 ter). Questo perché la legge che punisce chi accetta anche solo la promessa di procurare voti mediante scambi politico-mafiosi è stata modificata solo nel 2014, cioè dopo i fatti per cui Battaglia fu arrestato.
L’imputato, insomma, non è stato condannato per 416ter perché, al momento della commissione del reato, la norma esistente prevedeva lo scambio voti effettivo a favore di denaro, mentre nella nuova formulazione è sufficiente che ci sia la promessa del pagamento.
La condanna di Battaglia per il 416ter non è quindi scattata per una mera questione di cambio della normativa. Nelle carte processuali, però, si ricostruisce il patto tra l'ex segretario comunale e l'imprenditore Giovanni Macrì da una parte e il boss Giuseppe Catalano, per portare voti a Fabrizio Bertot che era in corsa alle europee del 2009.
Così come si parla di quella cena elettorale al Bar Italia di Torino in cui, tra i partecipanti, c'era tutto lo "stato maggiore" della 'ndrangheta piemontese.
Tuttavia, secondo la Cassazione, anche la riqualificazione del reato senza l'aggravante mafiosa non avrebbe comportato la revoca delle condizioni per l'applicazione della misura. In conclusione, non è stato riconosciuto il diritto a un risarcimento per la presunta detenzione ingiusta subita da Battaglia.
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