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Cronaca

Uccise padre violento: non fu legittima difesa, ma omicidio

La sentenza non è ancora stata emessa per una questione di legittimità costituzionale, ma i giudici d'Appello hanno già deciso, ribaltando il verdetto di primo grado

Uccise il padre violento, rischia 14 anni di carcere

Alex Pompa

La sentenza non c'è ancora, ma per i giudici della corte d'assise d'appello quella di Alex Pompa, il giovane che uccise a coltellate, a Collegno, il padre violento non fu legittima difesa, ma omicidio.

Il verdetto, dopo una lunga camera di consiglio, non è arrivato, perché i giudici hanno sollevato una questione di legittimità e trasmetteranno gli atti alla Corte Costituzionale, ma per la difesa non ci sono dubbi. In appello è stata quindi ribaltata l'assoluzione decisa in primo grado.

"E' chiaro che Alex sarà condannato. - dice l'avvocato Claudio Strata - Ora il processo è sospeso, ma l'ordinanza afferma chiaramente che non è un caso di legittima difesa e, quindi, la sentenza sarà di colpevolezza".

L'AVVOCATO STRATA

La pubblica accusa aveva chiesto una condanna a 14 anni, la pena verrà calcolata dopo la decisione della Corte costituzionale. Quella che oggi i giudici della corte torinese hanno sollevato è una questione di legittimità della norma, introdotta dal cosiddetto 'Codice Rosso', che in questi casi (omicidio aggravato dal vincolo di parentela) vieta di dichiarare la prevalenza di alcune attenuanti e quindi di giungere a una pena più bassa.

"Ricorreremo in Cassazione. Ma sono molto amareggiato. Alex non è un assassino e questo non è un omicidio", aggiunge l'avvocato Strata.

I giudici intendono applicare nella massima estensione, come si ricava dall'ordinanza, le attenuanti generiche e quella della provocazione, lamentando il fatto che le norme non permettono "di tenere conto del contesto" e di "valutare tante variabili" per calcolare la pena. Alex, ha ricordato la Corte, vide il padre correre in cucina mentre, completamente privo di controllo, continuava a urlare e minacciare: credendo che stesse per armarsi, lo precedette e lo uccise con 34 fendenti vibrati con sei coltelli diversi.

IL PALAZZO DI GIUSTIZIA DI TORINO

A giudizio dei magistrati, però, non si trattava di una situazione di pericolo "concreta, effettiva e specifica" tale da configurare la legittima difesa. Il tentativo di madre e fratello di accreditare questa tesi "è umanamente comprensibile" ma la loro testimonianza non ha prodotto "elementi utili". In ogni caso la Corte ha riconosciuto che Alex, così come i familiari, "è stato esposto per anni" alle intemperanze del padre e ai suoi "comportamenti ingiusti".

Per questo parlano di "provocazione per accumulo". "Ma queste innegabili sofferenze - è la conclusione - non possono incidere sul giudizio di responsabilità". La madre del presunto assassino si dispera: "Alex non è un delinquente. Basta guardarlo negli occhi per capirlo. Se non fosse stato per lui - dice la donna - io non sarei viva, non sarei qui. Sì, forse è questo che non sono riuscita a far capire alla corte". 

L'AVVOCATO DIFENSORE

"E' chiaro che Alex sarà condannato. Ora il processo è sospeso, ma l'ordinanza afferma chiaramente che non è un caso di legittima difesa e, quindi, la sentenza sarà di colpevolezza. Ricorreremo in Cassazione. Ma sono molto amareggiato. Alex non è un assassino e questo non è un omicidio". Lo ha detto l'avvocato Claudio Strata, difensore di Alex Pompa, il giovane processato a Torino per aver ucciso il padre del corso dell'ennesima lite in famiglia. I giudici della Corte d'Assise d'appello, oggi pomeriggio, dopo una lunga camera di consiglio, hanno inviati gli atti alla Corte costituzionale sollevando una questione di legittimità della norma.

LA MAMMA

"Alex non è un assassino. Basta guardarlo negli occhi per capirlo. Se non fosse stato per lui io non sarei viva, non sarei qui. Sì, forse è questo che non sono riuscita a far capire alla corte".

Lo ha detto la mamma di Alex Pompa, il giovane processato a Torino con l'accusa di avere ucciso il padre nel corso dell'ennesima lite in famiglia, subito dopo la decisione della corte di Assise di Appello di trasmettere gli atti alla Corte Costituzionale. Dall'ordinanza si ricava che a differenza dei giudici di primo grado, che avevano assolto il giovane, quelli di appello non ritengono che si sia trattato di legittima difesa.

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