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Cronaca

Torture nel carcere di Biella, 23 agenti sospesi

Terminate le indagini che lo scorso febbraio avevano portato all'arresto, ai domiciliari, del vice commissario

Un detenuto aggredisce con un estintore due agenti

carcere

All'interno del carcere di Biella c'era "un metodo punitivo ed un clima di generale sopraffazione creato dal vice commissario, con la complicità di altri agenti della polizia penitenziaria".

E' la tesi sostenuta dalla procura della Repubblica di Biella al termine delle indagini che lo scorso febbraio avevano portato all'arresto, ai domiciliari, del vice commissario, mentre ora sono stati sospesi dal servizio 23 agenti che avrebbero partecipato alle torture nei confronti di almeno tre detenuti.

La misura cautelare è stata eseguita dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Biella in seguito all'ordinanza depositata dal gip. Le indagini erano partite dopo la comunicazione di notizia di reato del 3 agosto 2022 redatta dal vice comandante pro-tempore nei confronti di un detenuto nella casa circondariale di Biella che veniva denunciato con l'accusa di violenza e minaccia nei confronti dell'ufficiale.

"Nella stessa notizia di reato, si dava atto, minimizzando la circostanza, della necessità di impiegare del nastro adesivo per contenere per un tempo minimo, pari a qualche minuto, il detenuto, nonostante lo stesso fosse già ammanettato, e ciò in esplicito contrasto con il divieto previsto dall'art. 41 della Legge sull'Ordinamento Penitenziario", scrive in una nota il procuratore della Repubblica Teresa Angela Camelio. Le indagini hanno dimostrato che non era affatto un episodio da ridurre ad un "mero illecito contenimento del detenuto" ma che si erano verificati veri e propri atti di violenza fisica ai suoi danni.

"L'approfondimento investigativo - nella nota della procura - consentiva di accertare inoltre che almeno in altre due occasioni dei detenuti erano stati destinatari della stessa condotta da parte del vice comandante e degli altri agenti sottoposti ad indagine".

I tre casi presentavano forti analogie, come la sussistenza di pregresse denunce, talora concomitanti alle violenze subite, per reati di resistenza, oltraggio e minaccia a pubblico ufficiale. I detenuti sono stati sentiti dai pm e hanno accusato gli agenti sottoposti a indagine.

"Quanto dichiarato - sottolineano inoltre dalla Procura - ha trovato copioso riscontro nei filmati estratti dalle telecamere presenti all'interno del carcere di Biella, nonché nei referti medici". La Procura ha ipotizzato la sussistenza del reato di falso ideologico con riferimento a quanto scritto nella notizia di reato dal vice comandante, nonché il reato di abuso di autorità da parte di tutti i pubblici ufficiali che "avevano concorso al contenimento dei detenuti mediante apposizione di nastro adesivo, misura di rigore non consentita dall'ordinamento penitenziario".

Oltre a tale reato, ""sono emerse condotte qualificabili come lesioni personali, in quanto i detenuti erano stati colpiti con calci, pugni e schiaffi mentre erano ammanettati e denudati".

Per Alexandro Maria Tirelli, presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale, il caso di Biella ripropone il tema della "riforma del sistema carcerario e delle forze di polizia, ormai improcrastinabile. I 23 agenti di polizia penitenziaria sospesi a Biella, per presunte torture ai detenuti, devono spingere le istituzioni a una riflessione profonda su cosa sia diventato il carcere oggi".

L'avvocato Alexandro Maria Tirelli presidente delle Camere penali del diritto europeo e internazionale

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