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Cronaca
16 Marzo 2023 - 00:08
Investì e uccise il suo aggressore. Ma non fu per legittima difesa. Questo ha deciso la Corte di appello di Torino, che ha condannato a sei anni di carcere una 27enne di Ovada, in provincia di Alessandria, che in primo grado, nel 2020, era stata assolta.
La giovane donna, Aurela Perhati, di origini albanesi, è stata processata per quello che le cronache locali hanno chiamato 'l'omicidio di capodanno'. Il primo gennaio del 2019 il corpo senza vita di Massimo Garitta, 53 anni, fu trovato in un campo vicino a una ferrovia dopo la segnalazione del passeggero di un treno. Era a terra, con i pantaloni della tuta e le mutande abbassati. E sulla giacca c'era impresso il marchio della marmitta di un'automobile. Una specie di firma dell'auto che lo aveva colpito.
I carabinieri risalirono in fretta alla conducente. La giovane spiegò che il pomeriggio del 31 dicembre aveva incontrato Garitta in città e che con lui aveva raggiunto una zona periferica. A quel punto sarebbe scattata l'aggressione sessuale. Un tentativo di stupro. Certificato, fra l'altro, dalle lesioni alle gambe riportate dalla donna. L'uomo finì travolto dall'auto che poi si allontanò. I giudici della Corte d'appello hanno riesaminato le carte, hanno ascoltato alcuni esperti che analizzarono le tracce lasciate dalla vettura e hanno ribaltato l'esito del processo di primo grado.
"Non conosciamo le motivazioni della sentenza - spiega l'avvocato Marco Conti, che ha difeso la donna insieme al collega Giuseppe Cormaio - ma non la possiamo condividere. Nonostante la pena sia molto bassa, è contestabile. La stessa Corte, negli approfondimenti tecnici, è arrivata a convergere con il nostro consulente sul fatto che l'auto procedesse a circa 10 chilometri all'ora. A questa velocità considerato anche che la nostra assistita stava effettuando un'inversione a U per uscire dal campo, non è possibile ipotizzare che ci fosse la precisa volontà di provocare la morte dell'uomo". "La condotta alla guida - aggiunge il legale - era giustificata dalla necessità di fuggire. In primo grado questo è stato riconosciuto. Ci aspettavamo altrettanto in Appello. A chi scappa da uno stupro possiamo almeno concedere la mancanza di accortezza richiesta alla guida?". Se ne riparlerà in Cassazione.
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