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Cronaca

11 anni fa fu torturato, ucciso e bruciato, oggi la Procura riapre il caso

Si cerca ancora l'assassino, nuove indiscrezioni da una lettera anonima

11 anni fa fu torturato, ucciso e bruciato, oggi la Procura riapre il caso

Una foto dei rilievi 11 anni fa

Il giallo di Villaretto di Borgaro potrebbe avvicinarsi alla svolta con l'iscrizione di due persone nel registro degli indagati a seguito di una segnalazione anonima, una lettera anonima arrivata in Procura a Torino.

Il corpo carbonizzato di un uomo di 28 anni, Giovanni Marco Chisari, fu trovato il 15 marzo 2012. Era stato colpito alla testa con un oggetto contundente, forse un martello o una spranga, e gli era stato conficcato un chiodo in testa. Poi il suo corpo, avvolto nel nylon e con le mani legate da un fil di ferro, era stato gettato in un fosso in campagna e incendiato. Il braccialetto con il suo nome inciso sopra resistette alle fiamme.

Il vigile del fuoco volontario Ivan Marcello Meloni e il fratello Alessandro Meloni sono stati iscritti nel registro degli indagati, accusati rispettivamente di omicidio e favoreggiamento nella distruzione del cadavere. Il primo è stato interrogato giovedì e ha dichiarato di conoscere Chisari solo di vista, di averlo incontrato qualche volta in giro per il quartiere e di sapere che era un tossicodipendente.

In passato, le indagini si erano concentrate su un presunto regolamento di conti, poiché Chisari avrebbe commesso un furto nella casa di qualcuno legato alla criminalità organizzata o se ne sarebbe assunto la colpa, come suggerito da qualcuno. Di recente, una lettera anonima suggerisce di collegare l'omicidio di Chisari a un furto accaduto pochi giorni prima "a casa del suocero di Meloni, uno con diversi guai con la giustizia". Secondo le ipotesi degli inquirenti, Chisari e i due indagati si sarebbero incontrati per discutere del furto, ma la discussione potrebbe essere degenerata.

Chisari aveva avuto problemi con la giustizia legati alla tossicodipendenza prima dell'omicidio, causando discussioni in famiglia. Tuttavia, la famiglia aveva chiesto di giungere alla verità sul caso, e la madre aveva lanciato un appello nel 2015 per chiedere la prosecuzione delle indagini. La sorella aveva anche scritto su Facebook: "Non eri un santo ma non ti meritavi questo [...] Chi ti ha fatto questo deve pagare ma non con la morte: devono soffrire". Le indagini sono ora affidate ai carabinieri, ma il caso dovrà attendere un eventuale rinvio a giudizio e tre gradi di giuidizio se verranno configurate delle ipotesi di reato.

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