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Lutto

È morto Hulk Hogan, leggenda del wrestling che trasformò uno sport in spettacolo globale

Aveva 71 anni: dal basso alla gloria mondiale, fu il volto dell’Hulkamania e simbolo della cultura pop americana

Hulk Hogan

Hulk Hogan (foto IG)

Il wrestling mondiale perde una delle sue icone più luminose. Hulk Hogan, nato Terrence Gene Bollea l’11 agosto 1953 ad Augusta, in Georgia, è morto a 71 anni a causa di un arresto cardiaco. Il malore lo ha colto nella sua abitazione a Clearwater, in Florida. A nulla è valso il trasporto d’urgenza in ospedale: la notizia è stata diffusa da TMZ Sports, e ha immediatamente fatto il giro del mondo.

Una figura titanica, nel fisico e nell’immaginario collettivo. Un simbolo americano a tutto tondo. Hulk Hogan ha incarnato per decenni il volto del wrestling, dando al pubblico ben più di un semplice combattente: offriva un personaggio magnetico, capace di unire muscoli, carisma e marketing in una formula mai vista prima. Non a caso, uno dei suoi colleghi più celebri, Sting, lo ha definito "il Muhammad Ali e il Michael Jordan del wrestling. Hulk Hogan è il wrestling".

La sua carriera, in fondo, iniziò quasi per caso, mentre suonava il basso – strumento che padroneggiava con talento – in un locale alla fine degli anni Settanta. Lì lo notò Jack Brisco, altro grande nome del ring, che lo introdusse al mondo della lotta professionistica. Il primo contratto arrivò nel 1979 con la WWWF, l’antenata dell’odierna WWE, grazie all’intuizione del patron Vince McMahon. Il nome d’arte “Hogan” venne affiancato a “Hulk” dopo un’apparizione in tv accanto a Lou Ferrigno, interprete dell’incredibile Hulk: Bollea era più grosso perfino di lui.

Nel 1980 fu la volta del Giappone, dove batté l’idolo nazionale Antonio Inoki, guadagnandosi fama anche in Oriente. Due anni più tardi, l’apparizione in Rocky III al fianco di Sylvester Stallone lo proiettò nella cultura pop mondiale. Da lì il ritorno trionfale nella federazione americana: il 23 gennaio 1984, battendo Iron Sheik, conquistò il primo titolo mondiale. Nasceva l’Hulkamania, fenomeno culturale oltre che sportivo.

La consacrazione definitiva arrivò il 29 marzo 1987, quando affrontò André the Giant al Silverdome di Pontiac, in Michigan. Oltre 93 mila spettatori gremirono l’arena, in un evento che fruttò a Hogan due milioni di dollari e frantumò il record di pubblico stabilito anni prima da papa Giovanni Paolo II nello stesso stadio. L’Hulkamania si moltiplicò in centinaia di gadget, divenne slogan e movimento, e contribuì a consolidare il wrestling come spettacolo televisivo e business da miliardi.

Ma Hogan non fu solo il “buono”. Nel 1994, passato alla rivale WCW di Ted Turner, riscrisse se stesso in versione “cattivo”, con il nome di Hollywood Hogan. Fondò il gruppo New World Order insieme a Kevin Nash e Scott Hall, e rivoluzionò ancora una volta le regole del gioco, imponendosi anche sul piano creativo e mediatico. Fu un nuovo successo clamoroso: la sola sua presenza bastava a scatenare ascolti e rivalità, fino a mettere in crisi la WWE.

Dopo vari interventi alle ginocchia, il ritorno in scena nel 2002 fu l’ennesima resurrezione: il 21 aprile tornò campione del mondo per l’ultima volta, a 49 anni, un record assoluto. Tre anni più tardi, l’ingresso nella Hall of Fame della WWE suggellò la sua leggenda.

In parallelo, Hogan ha recitato in dieci film e in una serie tv da protagonista, “Thunder in Paradise”, ulteriore conferma di una carriera sempre sospesa tra sport e intrattenimento.

Con la morte di Hulk Hogan si chiude un’epoca. Ma l’uomo che trasformò un ring in un palcoscenico globale continuerà a vivere nei ricordi di generazioni di fan. E chissà, da qualche parte, starà già combattendo un nuovo match con i suoi vecchi compagni di leggenda: André the Giant e Antonio Inoki.

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