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21 Novembre 2016 - 17:40
"Togliatti era un mio ammiratore. Una simpatia, la sua, che mi creò problemi per un viaggio negli Usa. Mi chiamarono all'ambasciata per il visto e mi chiesero se per caso fossi comunista. Dovettero intervenire i miei genitori, che votavano Dc, per chiarire tutto". Così Rita Pavone, una delle protagoniste di 'Nessuno ci può giudicare' di Steve Della Casa e Chiara Ronchini, passato al Torino Film Festival e che sarà distribuito in sala dal Luce, parla di questo documentario che racconta di un fenomeno: i cosiddetti 'musicarelli'. Ovvero film, realizzati spesso in sole due settimane, che nascevano intorno a una canzone di successo e avevano come protagonisti artisti pop del momento come Caterina Caselli, Celentano, Mina, Dallara e Morandi.
Un fenomeno, quello dei 'musicarelli' dai titoli come Una lacrima sul viso o Non son degno di te, durato dal '58 al '67 e dalle uova d'oro dal punto di vista del box office: alcuni film incassarono ben due miliardi di lire e aiutarono a salvare produttori del calibro di Goffredo Lombardo della Titanus che si era rovinato con Il gattopardo.
Tra interviste a protagonisti di quell'epoca e brani di repertorio, il documentario ci porta fin dentro quell'Italia del secondo dopoguerra e del miracolo economico. Un paese che inizia lentamente a cambiare, influenzato dalla musica e dalla cultura anglosassone e dalla rivoluzione beat, anticipatrice del '68.
"Quando sono venuto in Italia - dice Shel Shapiro, ex leader dei Rokes - il vostro era un paese che vestiva in bianco e nero. Noi abbiamo portato il colore".
Tra interviste inedite, oltre che alla Pavone, a Caterina Caselli, Shapiro, Mal, Ricky Gianco, Gianni Pettenati, Piero Vivarelli e Massimo Scarafoni, e spezzoni di film, Steve Della Casa ci porta fino al quel 1968 che vide l'avvento del cantautorato che spense, di botto, il successo di molti cantanti pop. "Soffrii molto all'epoca - dice la Pavone -, ma non mi sembrava giusto fare la cantante impegnata una volta che avevo avuto successo e guadagnato tanti soldi. Eppure quella realtà la conoscevo bene, mio padre era un operaio Fiat". E ancora la Pavone: "Io e Morandi, che venivamo da famiglie dignitosamente povere, ci ritrovammo allora sballati nel mezzo di tutto questo, non essendo né carne né pesce".
Per l'attrice, cantante e showgirl (classe 1945), una grande voglia ora di interpretare un ruolo drammatico: "Vorrei tanto farlo sul grande schermo, ma per ora ci sono riuscita solo a teatro. Mi volevano in realtà dare un ruolo in Adua e le compagne, ma poi mi dissero che il mio personaggio, la mia popolarità, erano troppo ingombranti perché la cosa funzionasse".
Spiega, infine, Steve Della Casa: "I 'musicarelli' li vedevo all'epoca. Facevano parte di quella subcultura anche in qualche modo rivoluzionaria che ci ha traghettato fino al '68. Dentro c'era quella cultura giovanile, di rottura, rispetto a quella precedente che allora cambiò l'Italia".
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