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02 Ottobre 2017 - 06:13
L'acqua dell'Orco aggira i pietroni
Il Comitato Basso Canavese è nato nel 1994, dopo la disastrosa alluvione del novembre di quell’anno. Alla quale è seguita quella del 2000. Da 23 anni il Comitato, regolarmente costituito in associazione, monitora il territorio chivassese e soprattutto sollecita gli interventi ancora da realizzare per metterlo in sicurezza.
Abbiamo chiesto a Claudio Dalla Costa, uno dei fondatori, un parere sull’intervista all’ex sindaco Andrea Fluttero (pubblicata sul numero del 19 settembre) e sul rischio alluvione in generale.
Per quando riguarda il fiume Po, anche Dalla Costa ritiene che sia stato fatto un buon lavoro: “A differenza di quello crollato nel 1994, il nuovo ponte ha solo due pilastri. Anche se, trasportate dal fiume in piena, molte piante arrivassero ad appoggiarsi ai pilastri, esse non potrebbero fare “diga” e combinare quel disastro del 1994, quando il ponte aveva nove arcate”. E poi è stato costruito il nuovo argine lungo il fiume: “Col nuovo argine, più alto, e che arriva fino alle spalle del ponte, penso che – come dice Fluttero – si possa stare abbastanza tranquilli”.
Per lo storico animatore del Comitato è piuttosto l’Orco che ci deve preoccupare. Consideriamo il ponte della ferrovia Torino – Milano, quello che si vede passando in auto sul ponte stradale. Prima delle alluvioni del 1994 e del 2000 tutte le arcate erano libere. Ma dopo quella del 2000 l’ingegner Gervasio fece portare 70.000 metri cubi di materiale litoide dentro all’alveo, in sponda destra, a Nord e vicinissimo alla prima arcata Ovest del ponte ferroviario. Il materiale avrebbe dovuto essere successivamente trasportato sull’altra sponda per rialzare e rafforzare la strada arginale della Rivoira e di Pratoregio. Ma l’opera non è mai stata fatta, il materiale è rimasto lì, anzi è scivolato lentamente nel letto del torrente, e sopra vi sono cresciute piante ormai molto alte: una piena del torrente potrebbe sradicarle e gettarle con violenza contro il ponte.
“Ogni volta che abbiamo chiesto di togliere quel materiale – prosegue Dalla Costa - ci è stato risposto di pazientare perché il progetto di rialzamento della strada arginale dell’altra sponda era ancora valido”. Però sono trascorsi diciassette anni e il materiale, con le piante sopra, è ancora lì, pericolosamente: “Perciò mi domando: perché è stato sospeso il disboscamento degli alberi che si trovavano l’alveo del torrente? Perché non è stato rimosso il materiale? Che ostruisce sia la prima arcata del ponte automobilistico della SS11 sia quello del ponte della ferrovia, il primo verso Torino. All’altezza dei ponti dell’Alta velocità e dell’autostrada, già costruiti più larghi, sponde e letto sono stati imbottiti di massi di montagna (con un costo di materiale e manodopera che i cittadini non immaginano neanche) allo scopo di ostacolare la crescita di piante”.
Dalla Costa si appella ai nuovi amministratori: “Perché la nostra amministrazione non impone alla Regione di eseguire il medesimo intervento sui due ponti più a valle, quello della ferrovia e quello stradale per Brandizzo?”.
Ricorda la delusione degli anni scorsi: “Nella Consulta ambientale del 17 maggio 2016, quando ho esposto la situazione al vicesindaco e al capo dell’ufficio tecnico, quest’ultimo mi ha fatto un cenno come per dire “le telefonerò”: sto ancora aspettando…”. Il Comitato Basso Canavese non ha interpellato solo il Comune: “Abbiamo spedito lettere raccomandate al Ministro dei Lavori Pubblici, a Chiamparino, all’assessore regionale Francesco Balocco, all’AIPO, ai vari sindaci che si sono succeduti in questi 23 anni dacché esiste il Comitato Basso Canavese”.
Dalla Costa torna sulla parte dell’intervista a Fluttero che riguarda la rete idrografica minore, cioè le rogge. In parte è d’accordo e in parte no. E’ accordo quanto alla messa in sicurezza della roggia San Marco: “Con tutti gli scolmatori realizzati, dal Palazzolo in giù, basta che qualcuno chiuda le paratoie in tempo”. E’ invece in disaccordo circa il canale di Gronda, sul quale ribadisce il proprio giudizio negativo: “Sono anni che dico che quei 2,5 miliardi di lire sono stati buttati al vento, non per colpa del progettista, ma di qualche politico, almeno così mi pare”. Il canale è stato fatto al contrario, con poca pendenza, e non arriva né al Palazzolo né all’Orco, ma scarica le acque nella San Marco alle spalle della cascina Rittano Storno: “Cerchiamo almeno di farlo funzionare un po’ meglio. L’entrata nella San Marco è a gomito, e tutti gli anni esonda per 300 metri impedendo ai coltivatori di raccogliere il fieno. Giustamente ogni anno i coltivatori protestano. Occorre completare il manufatto sostituendo il “gomito” con un “invito”: altrimenti quando la San Marco è in piena l’acqua della gronda, che ha meno forza, non riesce a entrarvi e straripa nei campi del Laietto”.
Piero Meaglia
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