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CHIVASSO. La sconfitta si metabolizza L’indifferenza no!

CHIVASSO. La sconfitta si metabolizza L’indifferenza no!

Adriano Pasteris

Per un candidato Sindaco la campagna elettorale è un’impresa piacevolmente estenuante.  Centinaia di manifesti, da cui i nostri volti sorridono rassicuranti, ci scaricano dosi massicce di adrenalina e ci spingono all’affascinante evangelizzazione delle promesse contenute nel programma elettorale, il testo sacro. Dall’ombra di gazebo che nulla hanno da invidiare alle tende da campo di generali, fermiamo cittadini frettolosi per rubare loro qualche attimo di attenzione e poi congedarli con vigorose strette di mano. Pronunciamo proclami appassionati a platee spesso distratte, partecipiamo a confronti pubblici con lo spirito di antichi gladiatori. Finché, quasi con sollievo, la parola passa alle urne. Allora uno vince e tutti gli altri perdono ma, poichè quasi a nessuno piace perdere, spesso ci impegniamo in mirabolanti acrobazie verbali per spiegare che in fondo la nostra non è proprio una sconfitta e, a volte, riusciamo anche a convincercene. E tutto ciò per amore, solo per amore. Amore per la nostra Città, per la nostra comunità, alla quale vorremmo regalare una vita migliore. La sconfitta si metabolizza in fretta, come una lite tra amanti. Quello che invece lascia il segno è l’indifferenza. Scoprire che un chivassese su due non ha ritenuto di dover fare una scelta, fa male. Sconforta. Come quelle storie d’amore soffocate dalla piatta quotidianità e dall’inesorabile disinteresse. Rifletto spesso su questo argomento e, tormentato dal senso di colpa, mi chiedo che cosa stiamo sbagliando. Ce lo chiederemo spesso anche in Consiglio, lo abbiamo già fatto. Faremo sincere dichiarazioni di buoni propositi, ci rimbalzeremo accuse e colpe ma, verosimilmente, di nuovo, non troveremo soluzioni. Come quegli innamorati che per ricucire un logoro rapporto si sforzano di essere interessanti, senza mai coinvolgere il partner nelle proprie scelte. Si, ripartiamo da loro: da chi è stanco, stufo, sfiduciato. Andiamo a cercarli al di là della prima cerchia di elettori. Ascoltiamoli non per il tempo di un tè e nemmeno con lo spirito di chi vuole conquistare un voto. Parliamo loro con l’ardore di chi vuole riaccendere la passione per ciò che noi amministratori rappresentiamo. Allora forse tornerà a scoccare l’amore. Forse.

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