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02 Agosto 2016 - 12:59
“Qualcuno mi aveva messo in cattiva luce con lui, penso che sia stato Rocco ma non so dire perché io l’abbia pensato”. “Rocco” è Rocco Dominello, l’uomo della cosca Pesce-Bellocco nella curva Scirea, arrestato il primo luglio assieme ad altre 17 persone nell’ambito dell’inchiesta “Alto Piemonte” che ha portato ad arresti e perquisizioni a Santhià, nel vercellese, a Montanaro e a Chivasso. Lui è Gerardo “Dino” Mocciola, capo dei Drughi.
E’ questa la confessione che Salvatore Bucci, “Ciccio”, ha reso nell’interrogatorio in Procura a Torino il giorno prima di suicidarsi lanciadosi da un viadotto della Torino-Savona, lo stesso da cui si tolse la vita, tanti anni prima, Edoardo Agnelli.
Gli inquirenti stanno ricostruendo le ultime ore dell’ultras della Juve diventato consulente della società bianconera, figura di contatto fra club e tifoserie.
Si cerca di capire se qualcuno possa averlo indotto al suicidio.
La morte di “Ciccio” è uno degli aspetti più oscuri dell’inchiesta sulla ‘ndrangheta che ha investito anche il mondo del tifo organizzato. Tra le attività illecite contestate alle 18 persone raggiunte da misure cautelari, oltre al pizzo, c’è anche il bagarinaggio dei biglietti delle partite della Juventus.
I ruoli di “spicco” in questo filone sono quelli di Rocco Dominello, di Montanaro, figlio di Saverio, oggi in carcere con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, introdotto nella dirigenza del club bianconero ed all’interno delle tifoserie da Fabio Germani, di Chivasso, ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Nell’interrogatorio di fronte ai pubblici ministeri Paolo Toso e Monica Abbatecola, titolari dell’inchiesta, Bucci avrebbe fatto il nome di “Rocco” - Dominello, ndr - mentre raccontava di come sarebbe stato aggredito, all’inizio della stagione 2014/ 2015, dal leader storico dei Drughi.
“Era trapelata la notizia del mio passaggio in Juve - avrebbe riferito “Ciccio ai pm -. Avevo ricevuto due schiaffi da Dino, poi sono stato via un annetto per l’invidia che avevo percepito nei miei confronti”.
Per anni Bucci aveva gestito il bagarinaggio per conto dei Drughi e, nell’ultima stagione, nella veste di consulente della società, aveva assunto un ruolo ufficiale affiancando il “Supporter liaison officer” Alberto Pairetto nella gestione dei rapporti con gli ultras.
Per la Procura “Ciccio”, che aveva fatto del tifo per la Juve e della militanza nei Drughi, storico gruppo ultras della curva sud allo Juventus Stadium, la sua ragion d’essere, era diventato inviso tra gli stessi tifosi per quell’incarico che poteva dar noia a qualcuno e generare invidie.
“Non nego di aver venduto biglietti - avrebbe ammesso Bucci agli inquirenti -. Non è che la Juve li dava, noi chiamavamo e chiedevamo fino a 300 biglietti. Li compravamo a credito e saldavamo successivamente”.
Un traffico illegale - le regole della giustizia sportiva vientano di vendere più di quattro biglietti a persona - su cui, secondo la Procura, la ‘ndrangheta aveva messo gli occhi.
Ogni gruppo della curva aveva una dotazione fissa di biglietti, contrattata a inizio stagione.
Dal 2012 in questo business s’era affacciato anche il montanarese Rocco Dominello, diventando in poco tempo una figura di equilibrio tra diverse componenti del tifo organizzato: i Drughi, i Viking di Milano, i Bravi Ragazzi, i Tradizione. Fino a quel momento solo “Dino” era riuscito a tener testa a tutti.
“Emerge chiaro - scrive il gip Stefano Vitelli, che ha firmato l’ordinanza dell’operazione - che questo potere dei due Dominello (il padre Saverio dietro le quinte, il figlio Rocco in visibile esposizione) trova nella loro appartenenza al clan Pesce/Bellocco di Rosarno la forza per emergere in un settore ove è viva e a tratti violenta la conoscenza fra i diversi gruppi. Rocco Dominello s’inserisce a pieno consapevole titolo in questo ambito arrivando ad acquisire stabili ed importanti rapporti con esponenti di livello della società Juventus”.
“Acquistavo da Bucci anche 300 o 400 biglietti come esponente della sottosezione Canavese dei Drughi” ha raccontato al gip il 4 luglio, dopo l’arresto, Dominello.
“Rocco era una figura di equilibrio nelle questioni di ordine pubblico: aiutava la società a tenere l’ordine”, avrebbe detto in Procura Bucci.
“Ciccio” ha visto la rapida ascesa di Dominello nel tifo organizzato della curva Sud. Per questo, per gli inquirenti, era considerato un testimone chiave.
“Mio marito non si sarebbe mai tolto la vita, amava troppo il suo lavoro”, ha riferito agli inquirenti la moglie.
“Ciccio” temeva di essere arrestato. Può essere stato solo questo ad averlo spinto a salire in auto, raggiungere un viadotto della Torino-Savona e a farla finita?
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