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05 Maggio 2016 - 12:19
Un giro al pronto soccorso dell’ospedale di Chivasso, per mia fortuna, non lo facevo da qualche anno.
Lunedì scorso, 25 aprile giorno festivo, non riuscendo più a sopportare il forte male alla schiena, mi sono recata all’ospedale. Ero preparata ad una lunga attesa, come di solito capita in questi casi, non gravi.
Passato il triage, dopo il quale mi è stata assegnata una sedia a rotelle, ho infatti aspettato molto tempo, e per me che ero sofferente e non riuscivo a stare neppure seduta era davvero un tempo interminabile.
La sala d’attesa è angusta, ci sono due file di sedie tra le quali neppure una persona senza problemi di deambulazione passa facilmente.
Io ero sulla sedia a rotelle e, insieme ad un altro paziente munito dello stesso mezzo, abbiamo continuamente dovuto farci spostare per permettere l’andirivieni di barelle e carrelli carichi di sacchi neri o scatole.
Mi sono chiesta se tutto ciò non violi le minime norme di sicurezza. In caso di emergenza, le persone incastrate tra le sedie così ravvicinate e le carrozzine come avrebbero potuto muoversi rapidamente?
Tra l’altro appesa ad una porta c’è un elegante cartellino plastificato che dà indicazioni su come comportarsi in caso di raffreddore per non diffondere il virus. Tutto ciò in una stanza di pochi metri quadri e senza finestre, piena di persone.
Gli unici a potersi muovere liberamente in quell’ambiente umido sono senz’altro virus e batteri, gli esseri un po’ più grandi, invece, mi sembrano proprio in difficoltà. Finalmente, arrivato il momento della visita medica, dopo un’iniezione per attenuare il dolore sono stata inviata a fare i raggi di cui mi è stato consegnato, da restituire al pronto soccorso, solo l’esito “non rilevabili lesioni ossee di natura traumatica”.
Sono stata dimessa con la prenotazione per la visita ortopedica il giorno seguente. Mi sono presentata puntuale alle ore 8 in sala gessi.
Se possibile la situazione mi è sembrata più critica del giorno precedente.
Intanto stavo nuovamente molto male e sedie a rotelle disponibili non ce n’erano e …. nemmeno sedie “normali”. Molte persone, con stampelle, arti ingessati o doloranti, come nel mio caso erano costrette a stare in piedi. L’attesa è durata più di tre ore. Mi sono lamentata per la situazione e dallo sportello e mi è stato detto di tornare al pronto soccorso per farmi fare un’altra iniezione antidolorifica, iniezione che già il giorno prima ho atteso per più di due ore!
Nello stesso spazio devono attendere anche le future mamme sottoposte alla curva glicemica, quindi la lotta per l’occupazione delle sedie si fa dura. Appena qualche signora si alza per il prelievo qualcuno si siede rapidamente al suo posto, lasciandola in piedi. Il corridoio cieco che conduce alla sala gessi è leggermente più grande della sala d’aspetto del pronto soccorso, ma gli invalidi sono molti di più. In caso di emergenza dove e come ci si deve muovere là sotto?
Comunque il cartellino contro il virus del raffreddore è ben esposto e tutti lo possono leggere, tanto l’attesa è lunga e il tempo non manca.
Finalmente la visita ortopedica. Mi ero portata le lastre che mi erano state fatte tempo fa al CTO e una “vecchia” risonanza magnetica. Nessuno ha voluto vedere la documentazione in mio possesso. Guardate le nuove lastre al computer il medico mi ha consigliato antidolorifici e cicli di FKT (fisioterapia). Solo a casa, dal mio medico curante, ho saputo che per poter avere il CD delle lastre, che per altro servirebbero per i cicli di fisioterapia, avrei dovuto pagare due euro. Una “gabella”?
Annalisa Battu
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