Anche questo giornale ha aiutato, in qualche modo, il Procuratore Ilda Boccassini, nell’indagine che ha portato all’arresto di Rocco Schirripa di Torrazza. E’ tutto scritto a pagina 77 dell’ordinanza. E’ il 26 ottobre (due mesi fa) e il nostro giornale racconta in prima pagina e poi ancora a pagina 3 dell’operazione Hunters, lo smantellamento di un vasto traffico di droga in provincia di Torino che vedeva coinvolto in prima persona il torrazzese. Lo fa dettagliando nei minimi particolari la vita e i precedenti penali di Rocco Schirripa, ritenuto dagli investigatori, un personaggio di spicco della cosca di Moncalieri. E lo fa, tra le altre cose, rinfrescando la memoria dei lettori sull’omicidio, risalente al 2009, di Rocco Vincenzo Ursini, figlio di un Boss di Gioiosa Jonica e fidanzato della figlia di Rocco Schirripa. Un caso di lupara bianca che non ha mai portato all’individuazione dei mandanti. Negli stessi giorni (ma è una pura coincidenza) la Procura di Milano inviava una lettera anonima a Domenico Belfiore, già condannato all'ergastolo. La lettera anonima conteneva la fotocopia di un articolo del quotidiano 'La Stampa” di 32 anni prima, con la notizia dell'arresto di Domenico Belfiore per l'omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia. Sul retro, scritto a penna, il nome 'Rocco Schirripa”, con l'obiettivo di sondare la reazione. E la reazione non si è fatta attendere. Belfiore, che attualmente si trova agli arresti domiciliari per motivi di salute, non sapendo di essere intercettato, pur utilizzando diverse precauzioni ha parlato dell'episodio con suo cognato, Placido Barresi, altro boss della Torino degli anni ‘80, originario di Messina, con almeno 4 omicidi alle spalle, ma assolto per quello del Procuratore Caccia. Ed è Barresi a parlarne a sua volta con Schirripa. Barresi lo informa delle lettera e Schirripa gli racconta del nostro giornale. Talmente preoccupato da pensare alla fuga. Perchè era così preoccupato de LA VOCE? Ve lo diciamo noi... Perché quel giorno era in corso una distribuzione gratuita del giornale a tutte le famiglie di Torrazza Piemonte.
L’intercettazione
R.S.: ...Per una cosa del genere... hanno tapezzato Torrrazza di giornali nelle buche B.P.: ah R.S: Tutto, quasi tutto Torrazza... chi è che si può prendere la briga di mettere... tu forse “La Voce” non l’hai letta... B.P. No R.S il giornale di Torino c’è La Voce del Canavese... in prima pagina, in seconda pagina, tutta la pagina di questa operazione (Hunters) hanno parlato solo di me... mannaggia la Madonna! Sono una... Ho una comunicazione giudiziaria ed hanno fatto tutto sto bordello... poi chi è che si è preso la briga ... io ero convinto che l’avevano messa lì da noi per farci un dispetto per noi, per qualche cosa... poi un giorno incontro persone sempre più in là .... è l’altro giorno sono andato dal medico, sono entrato .... ho avuto un po’ di problemi cardiaci in questi giorni che mi hanno fatto incazzare... ed il medico dice “Rocco”, che siamo amici, è una brava persona... “sono contento di vederti”. E io “e perchè dove pensavo che ero? E ci .... scommetto che pure a te te lo hanno mandato il giornale. Sì (detto dal medico) dice “ma è successo qualche altra volta che te lo mettono gratuito” me... BP:?ah, gli hanno messo il giornale gratuito nella buca R.S: Sì ed è un settimanale che costa 1 euro e 50 B.P. Gratuito è un po’ tanto R.S A tutti, ma non a uno! Già parliamo di tutta la mia via, la via parallela a tutti indistintamente B.P. per farti pubblicità per il pane R.S. Mannaggia la Madonna! Guarda per questo ti dico, ma che cazzo mi hanno perciò io a livello di questa operazione, qua che hanno fatto, no... sono tranquillissimo che non ho niente da temere... Adesso c’è quest’altra cosa che io... io ti dico la verità sto dormendo male B.P. per questo devi... ma per questo ti sto dicendo Rocco... Ti sto dicendo ne ho parlato, come si chiama... che gli devo dire? Perchè gli ho detto “voleva venire” (inteso che Barresi voleva dire a Belfiore Domenico che Schirripa Rocco voleva andare da lui a fargli visita) però giustamente non sa se...
Delitto “Caccia”, forse c’è l’assassino
Poteva diventare uno dei tanti misteri d'Italia. Invece, a distanza di 32 anni, l'omicidio di Bruno Caccia trova la soluzione. Martedì scorso la polizia ha arrestato uno degli uomini che, secondo le indagini, fecero parte del commando che il 26 giugno 1983 uccise a colpi di pistola l'allora procuratore capo di Torino. E il nuovo sviluppo consolida la pista di sempre: fu un delitto di 'ndrangheta. Caccia fu l'unico magistrato eliminato dalle cosche nel Nord Italia. Pagando così la sua intransigenza, il suo rigore, la sua determinazione nel combattere la malavita. Per quell'agguato c'è già una condanna. Domenico Belfiore, considerato il mandante, sta scontando l'ergastolo dal 1989, anche se lo scorso 11 giugno gli è stata concessa la detenzione domiciliare, a Settimo Torinese, per una grave malattia. Martedì le manette sono scattate per Rocco Schirripa, 64 anni, panettiere in borgata Parella a Torino, figura che gli investigatori subalpini conoscono da decenni. Originario di Gioiosa Ionica (Reggio Calabria), chiamato dagli amici Rocco 'Barca', per l'antimafia fa parte del 'locale' di Moncalieri della 'ndrangheta. Nel giardino della sua villetta di Torrazza Piemonte era ben visibile un fantoccio abbigliato come "Il padrino". Nel 2011 entrò nell'inchiesta Minotauro e ne uscì patteggiando venti mesi. E' possibile che sia stato proprio lui a dare a Caccia il colpo di grazia. Il magistrato stava passeggiando con il cane sotto casa, nella precollina torinese, quando venne affiancato da una Fiat 128. Il conducente sparò per primo, il passeggero scese dall'auto e completò l'opera. "L'arresto - dice Cristina Caccia, figlia del magistrato - è un tassello importante per gli sviluppi futuri dell'inchiesta. Ci auguriamo che possa far luce su tutti i risvolti rimasti oscuri di questa vicenda, a partire dagli altri mandanti". La famiglia Caccia non si è mai rassegnata: impossibile che Belfiore avesse deciso da solo, impossibile che non saltassero fuori i nomi dei killer, impossibile che non si sapesse con precisione il vero movente. Il loro avvocato, Fabio Repici, aveva inviato alla Procura di Milano (competente per materia) numerosi memoriali in cui chiamava in causa un boss della mafia messinese, i servizi segreti deviati e un pm troppo compiacente che sviò le indagini. Gli inquirenti milanesi hanno battuto un'altra strada. Già nel 1996 un pentito aveva ipotizzato il coinvolgimento di Schirripa, precisando però che si trattava di una propria "deduzione". Roba di scarsa utilità dal punto di vista giudiziario. A incastrare Schirripa è stato uno scatto di fantasia della squadra mobile di Torino: mandare una lettera anonima ("Se parlo andate tutti in galera") a Belfiore. Il quale ha contattato il cognato, Placido Barresi, che per questa storia fu processato e assolto. Barresi, a sua volta, ha contattato Schirripa: "Ti sei fatto trent'anni tranquillo, fattene altri trenta tranquillo". Tutto intercettato. Ilda Boccassini, capo della Dda di Milano, si è detta "emozionata" dalla svolta di un'indagine che ha coordinato con il collega Marcello Tatangelo. A Torino il nome di Caccia è un simbolo, tanto che gli è stato intitolato il Palazzo di Giustizia. Gian Carlo Caselli, che lavorò con lui nel processo ai capi storici delle Br, si sente "contento come torinese e come magistrato". Il procuratore generale del Piemonte, Marcello Maddalena, è "orgoglioso". Il sindaco Piero Fassino parla "di ferita aperta per trent'anni".
Chi è Rocco Schirripa?
Schirripa Rocco
Nell’aprile del 2015, a Torrazza Piemonte, su ordine dell’Agenzia dei beni confiscati di Reggio Calabria, il primo tentativo di sgombero della villa, al civico 21 di via Gramsci, abitata da Rocco Schirripa, 63 anni. Un tentativo che non può essere eseguito finché è pendente il ricorso che la moglie ha presentato al Consiglio di Stato. La confisca era stata motivata dalla Corte d’appello di Torino, nel 1996, dalla sproporzione tra l’alto tenore di vita di Schirripa e la sua condizione lavorativa occasionale. Nel 1998, il provvedimento era divenuto definitivo e il 23 gennaio del 2001 l’Agenzia del Demanio aveva ordinato all’uomo di lasciare il bene. Su queste basi la moglie, intestataria della villetta, ha presentato ricorso al Tar e su queste basi è iniziata un’estenuante battaglia legale. Ma chi è, Rocco Schirripa? Il torrazzese è conosciuto dalle autorità giudiziarie fin dagli anni ’70, quando venne denunciato più volte per aver compiuto diversi reati, tra cui il gioco d’azzardo, un tentato omicidio, un furto e una rissa. I fatti raccolti – dice l’associazione Libera Piemonte – “dimostravano l’esistenza di una pluralità di indizi riguardo l’appartenenza dello Schirripa ad una associazione di tipo mafioso” facente capo a Mario Ursini, “organicamente inserita nella ‘ndrangheta calabrese e dedita, tra l’altro, al commercio illecito di stupefacenti”. Nel 2011 Rocco Schirripa è stato arrestato nell’ambito dell’operazione Minotauro, in quanto ritenuto affiliato al locale di Moncalieri, ed ha patteggiato la pena.
Rocco Vincenzo Ursini. E’ stata lupara bianca
Nel 2011, con l’operazione Minotauro, la notizia di tutti quegli indagati (182) che poi diventeranno per la maggior parte imputati. Solo di striscio però l’indagine tocca la locale di Moncalieri, poco meno di una decina di persone, e tra queste alcuni cognomi che portano a Chivasso e a Torrazza Piemonte: Schirripa e Ursino (con la variante Ursini).
Rocco Vincenzo Ursini
E sono cognomi storici della ‘ndrangheta in Piemonte, sono le famiglie che prendono possesso del territorio negli anni ‘80, con la Mafia siciliana messa alle strette dalle rivelazioni del pentito Salvatore Parisi: Ursini a Settimo, Mappano e Caselle, i Belfiore prima e poi gli Schirripa a Moncalieri, gli Iaria in Canavese, i Franzè e i Pronestì a Orbassano, i Marando e gli Agresta a Volpiano e i quattro fratelli Ilacqua con la protezione di Rocco Gioffrè a Chivasso. I Belfiore e gli “Ursini” o “Ursino”: due famiglie non a caso, considerando che sono loro, nel 1983 a ordinare ed eseguire l’omicidio del Procuratore della Repubblica Bruno Caccia. Tra gli indiziati Mario Ursini, ‘u tiradritto, (condannato a 26 anni di carcere e liberato dopo 10) e Domenico Belfiore (oggi all’ergastolo), entrambi di Gioiosa Jonica. La consapevolezza che la ‘ndrangheta avesse messo radici nel chivassese però, si avrà solo nel 2002 con la notizia, presa sotto gamba dalla politica, ma pubblicata da questo giornale con grande evidenza, di una lunga serie di immobili confiscati a Torrazza, Volpiano, San Sebastiano e Chivasso. Poi il silenzio. Nell’aprile del 2009, ancora un fatto di cronaca. La scomparsa di Vincenzo Rocco Ursini, residente nel quartiere Blatta a Chivasso e nipote prediletto del boss Mario Ursini. La sua auto, un’Alfa 166, viene ritrovata in divieto di sosta a Mappano. La sorella lo cerca disperata anche su RAI3 a “Chi l’ha visto?”. Quel giorno Vincenzo Rocco Ursini avrebbe dovuto accompagnare al lavoro la fidanzata, figlia di Rocco Schirripa. Si saprà solo nel 2010, da una lettura delle carte dell’inchiesta “Crimine” del procuratore Ilda Boccassini di Milano che lo avevano “fatto fuori” dei sicari della famiglia Macrì, in cerca di una posizione in Calabria, e nel nord Italia. Una guerra di ‘ndrangheta, insomma…. Nella stessa inchiesta l’intercettazione di una conversazione avvenuta il 14 agosto del 2009 in un bar di Chivasso, crocevia di incontri tra malavitosi, “Il Timone” di Giovanni Vadalà (oggi in galera). A parlare era Giuseppe Commisso, il "mastro" della 'ndrangheta: "Questo Mico Oppedisano, mi raccontava ...(inc.)... Rocco Ursino, io non sapevo neanche di chi mi parlava... quel povero disgr... quello che è morto...". Secondo il racconto di Commisso, il giovane avrebbe avuto un debito di ventimila euro, che sarebbe stato saldato col sangue. Una storia che non si sarebbe svolta nella selvaggia provincia di Reggio Calabria, ma nella civile Torino, dove Oppedisano, sempre secondo il racconto di Commisso avrebbe "mandato a Rocco questo qua, che gli doveva dare ventimila euro... a dargli 10... poi hanno litigato, hanno girato voltato [...] e all'ultimo lo hanno ucciso.“