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PARIGI. Noi, sopravvissuti a Parigi. Due giovani chivassesi raccontano

PARIGI. Noi, sopravvissuti a Parigi. Due giovani chivassesi raccontano

Parigi

Sirene. Sirene ovunque. E poi caos, voci che si rincorrono sui social media, su Whatsapp, nelle telefonate convulse scambiate tra gruppi di amici sparsi per la città, come ogni venerdì sera. Parigi è sotto shock, le strade sono deserte. Certo, non tutte. La capitale francese è grande. Ma i quartieri colpiti dagli attacchi sono stati subito militarizzati e le persone sono rimaste bloccate - per ordine della polizia - nei bar o nei ristoranti dove si trovavano al momento degli attacchi. “State tranquilli! Sono viva! Dovevo andare ad una festa ma sono rimasta chiusa in casa” racconta Floriana Dutto. Ha 24 anni e abita in un residence vicino allo Stade de France.  Originaria di Lauriano si trova a Parigi per motivi di studio, una laurea binazionale. “Ad un certo punto è scattato il coprifuoco. Alcuni miei amici sono stati rinchiusi in una chiesa per ore... - continua - altre persone che conosco però sono state fatte uscire. La situazione è caotica”. D’un tratto la musica in molti bar è scomparsa, le persone hanno cominciato ad abbracciarsi, a chiamare i familiari per dire che stavano bene. Mezzi pubblici fermi, girare è impossibile. Nei bistrot, per far allentare la tensione, i gestori chiudono un occhio e lasciano fumare liberamente. Così si continua a bere... E la Parigi in preda al caos.. Il tam tam della rete è spietato. Tutti sono attaccati a Twitter e alla televisione. Con l'hashtag #PorteOuverte (porta aperta), gli abitanti delle vie dove sono avvenute le sparatorie o delle aree circostanti offrono rifugio ai passanti spaventati o a chi non riuscirà a rientrare a casa per la notte.
Floriana Dutto Floriana Dutto
Vicino allo Stade de France, gruppi di tifosi tedeschi iniziano a girare per le strade mostrando le bandiere della Germania gridando "la Germania è al fianco della Francia". In un'altra zona della città, vicino a uno dei luoghi degli attacchi, alcuni parigini lanciano dalle finestre lenzuola e coperte per coprire i cadaveri. Ma è solo un'altra voce, una delle tante, che gira nei caffè. “Tutto bene! La polizia ci ha bloccato momentaneamente dentro ad un pub, non   si può uscire per strada e le reti sono intasate, ma io e tutti i miei amici stiamo bene! Spero che l'Occidente comprenda che  la civiltà e la libertà sono più importanti di tutto..., “ si affida ad un post su facebook Elvio Chilelli, 28 anni, di Torrazza Piemonte, ex collaboratore de La Voce e de La Stampa. Vive a Parigi da luglio dove lavora per una società assicurativa come comunication manager. “Ero in un locale in pazza Bastille, a cinquecentometri dal centro operativo in cui si organizzavano le forze armate. Abbiamo visto le ambulanze, la polizia, le squadre d’assalto. Poi l’esercito. Siamo stati per due ore chiusi nel pub. Sembrava di stare in guerra. Nel locale in cui mi trovavo insieme con alcuni amici c’era una serata dedicata agli espatriati. Abbiamo visto le ambulanze, poi i vigili del fuoco, e abbiamo pensato che si trattasse di un incidente. Poi è arrivata la polizia, che ci ha detto di rimanere dentro il pub. Non c’era più nessuno per strada, ma non riuscivamo bene a capire cosa stesse succedendo perché i cellulari non prendevano. Le comunicazioni erano molto difficili. Con l’arrivo delle squadre speciali abbiamo capito che si trattava di qualcosa di grave. C’era un dispiegamento di forze impressionante. La polizia ci ha tranquillizzato
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e dopo due ore ci ha fatto evacuare dal locale”. E quando i collegamenti internet sono tornati. “Finalmente l’ho scritto “Sto bene...”, tira un sospiro di sollievo.
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