Riceviamo e pubblichiamo. Il Comune di Chivasso, e segnatamente l'assessorato Cultura, Istruzione e Sport, ha organizzato “Obiettivo Sport”, una lunga Kermesse (come la definisce l'assessore Mazzoli) nel corso della quale, accanto a una parte convegnistica, già esaurita nella giornata del 30 ottobre, si prevede, del tutto separatamente dal convegno, in data 13 e 20 novembre, la visione del film Olympia (1938), della regista Leni Riefenstahl. Ora, non è obbligatorio sapere chi fu la Riefenstahl, ma, sapendolo, qualche domanda è legittimo porsela. La Riefenstahl è nota innanzitutto per essere stata la regista di Hitler, ovvero per aver curato, per quel che riguarda il cinema (all'epoca il più potente mezzo di persuasione di massa), la propaganda del regime nazista. Sebbene Olympia non fosse tra i documentari più apertamente e direttamente propagandistici, è evidente che esso rappresenta un veicolo principe della celebrazione delle olimpiadi berlinesi del 1936, manifestazione mediante la quale il regime vuole mostrare la sua potenza a tutto il mondo. Tutto il film è, insomma in piena sintonia culturale con il nazismo, e non avrebbe potuto essere diversamente. D'altronde, basti pensare ai titoli delle due parti in cui si divide il lunghissimo (e, secondo me, noiosissimo) film per comprendere quale sia il messaggio culturale che vuole trasmettere: "Festa dei popoli" e "Festa della bellezza". In tutto il film si sottolinea la perfezione dei corpi, dando assoluto rilievo ad un'estetica della giovinezza pronta a conquistare il mondo (e che ci ricorda "giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza”). Per chi non eccelle, per i deboli e per i brutti c'è poco posto a questo mondo. Si fosse trattato di un cineforum sullo sport, Olympia avrebbe potuto avere il suo posto in mezzo a altri film, magari a motivo delle innovazioni tecniche apportate al modo di riprendere gli eventi sportivi. Ma perché, ci si può domandare, volendo presentare un solo film, scegliere proprio quello? Perché non uno dei tanti bei film che mettono in luce la funzione civile e sociale dello sport, i suoi "valori", come si suole dire, o magari la realtà a volte dura che si cela dietro lo sport a alti livelli? Si potrebbe replicare che l'accento voleva di proposito cadere sullo sport come veicolo di propaganda, tema della relazione della prof. Mazzoli al succitato convegno. Ma allora perché non dirlo chiaramente, prevedendo magari una sintetica presentazione del film da parte di un critico cinematografico o dello stesso assessore, che informi sul contesto in cui venne prodotto e sui suoi obiettivi politici? L'assessore si limita invece a uno scarno comunicato/invito in cui sottolinea l'importanza del film sotto il profilo tecnico, risolvendo il rapporto con il nazismo con un vago "al di là dei contenuti di natura politica". Come a far scivolare via l'attenzione proprio dal punto cruciale, senza mai proferire le parole "nazismo" o "Hitler". In tutta franchezza, assessore Mazzoli, una mancanza di coraggio che non può non sorprendere, soprattutto da Lei. Se avesse tirato di scherma con così poco coraggio, non sarebbe stata la campionessa che tutti ricordiamo.
Ermanno Vitale
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