La posa della prima pietra dell'abbazia avvenne il 23 febbraio
1003 alla presenza del
vescovo d'IvreaOttobiano, di
Arduino marchese d'Ivrea e
re d'Italia e di sua moglie
Berta.
Fondatore e primo abate di Fruttuaria fu
Guglielmo da Volpiano. Essa venne eretta nei possedimenti del feudo di famiglia di Guglielmo, in una località denominata
fructuariensis locus, ove venivano riprodotti
agnelli, denominazione derivata dal latino medievale
fructus, che significava proprio "agnello".
L'edificazione dell'abbazia è frutto della sua sapienza architettonica: Guglielmo infatti, tra la fine del
X e l'inizio dell'
XI secolo, oltre che figura religiosa di primo piano, fu costruttore e restauratore di alcuni dei più importanti edifici religiosi di
Francia e del
Piemonte. Arduino d'Ivrea, che aveva appoggiato la costruzione dell'abbazia, vi si ritirò negli ultimi anni della sua vita e vi morì nel
1015.
Fruttuaria, completata nel
1006-
1007, seguiva la
regola benedettina riformata di
Cluny. Nel
1027 Giovanni XIX, con
bolla pontificia, pose l'abbazia e tutti i suoi beni sotto il controllo diretto di
Roma. La regola seguita a Fruttuaria ispirò il vescovo di
Colonia,
sant'Annone, che la visitò nel
1070 e dalla quale portò via alcuni monaci, per la sua riforma monastica che va sotto il nome di
Riforma di Siegburg, dal nome della
prima abbazia ove Annone mise in pratica la sua riforma. Il periodo di massimo splendore di Fruttuaria si colloca nei
secoli XII e
XIII: nel
1265 l'abbazia possiede 200 tra chiese e celle in
Italia e altre 30 in
Germania e
Austria. Alcuni documenti riferiscono il numero di 1200 monaci presenti nel monastero. Oltre a chiese e monasteri gli abati governano direttamente quelle che vengono comunemente dette "le quattro terre abbaziali", ossia gli attuali comuni di
San Benigno Canavese,
Montanaro,
Lombardore e
Feletto, e le terre di Fruttuaria battono anche moneta.
Il declino inizia nel
XIV secolo e giunge al suo culmine nel
1477 quando i monaci perdono il privilegio di nominare l'abate, che viene sostituito da un
Abate Commendatario (non residente nell'abbazia) di nomina papale. Da quel momento Fruttuaria viene diretta da un
vicario. Nel
1585 papa Sisto V decreta la soppressione del monastero, sostituito da una
collegiata di preti secolari. L'ultimo monaco muore nel
1634. Nel
1710 Vittorio Amedeo II,
duca di Savoia, occupa militarmente le "terre abbaziali", occupazione che termina nel
1741 con la rinuncia papale al controllo su quelle terre. Nel
1749 diviene abate commendatario il cardinale
Carlo Vittorio Amedeo Delle Lanze che, dopo la sua candidatura al soglio pontificio nei conclavi del 1769 e del 1774-1775, intende riportare Fruttuaria al suo antico splendore facendone una piccola Roma. Nel
1770 fa quindi abbattere ciò che rimane della chiesa e del monastero
romanici (unico a salvarsi è il campanile) per edificare (1770-1776) una nuova chiesa, la cui struttura interna vorrebbe ricordare la
Basilica di San Pietro in Vaticano. Il progetto è affidato agli architetti
Vittone e
Quarini, che realizzano la nuova costruzione in uno stile a cavallo tra il
barocco e il
neoclassico, definito per l'appunto benignista. La serie degli abati terminerà nel
1848. La chiesa diventerà una normale parrocchia della
diocesi di Ivrea e il palazzo abbaziale verrà affidato nel
1879 a
don Bosco e ai suoi salesiani. Dal
1952 il parroco di San Benigno riottiene dal papa il privilegio del titolo di abate. Nel
1979, durante i lavori di posa dell'impianto di riscaldamento, fortemente voluti dall'allora abate parroco don
Pier Giorgio Debernardi (ora
vescovo di Pinerolo), viene alla luce un pregevole
mosaico risalente al
1066 raffigurante due grifoni. L'architetto Luciano Viola, direttore dei lavori, procede a ulteriori scavi che portano al ritrovamento di altri mosaici, delle fondazioni della chiesa romanica e di reperti archeologici di notevole interesse. Il 19 marzo
1990 l'abbazia di Fruttuaria viene riaperta ai fedeli alla presenza di
papa Giovanni Paolo II che concelebra la messa in
diretta televisiva nazionale. Nel maggio
2004, finalmente conclusi i lavori di restauro, è stato aperto al pubblico, dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici e per il Paesaggio del Piemonte, il percorso di visita che si snoda al di sotto del pavimento. Nel
2008 altre scoperte archeologiche vengono fatte nel chiostro settecentesco.
La chiesa romanica
Dell’antica chiesa
romanica presente nell'abbazia rimane intatta solo la torre campanaria. Costruita sul lato nord della chiesa con conci di pietra accuratamente squadrati e tagliati, la torre ha sezione quadrata di circa 10 metri di lato con muri di 2,5 metri di spessore; s'innalza con i suoi sette piani raggiungendo i 33 metri di altezza.
Gli archetti che formano le cornici marcapiano sono in
laterizio; una
lesena centrale percorre interamente ciascuna delle sue pareti, definendo specchiature nelle quali si aprono, salendo verso l'alto,
monofore e
bifore di diversa fattura che alleggeriscono l'imponenza della mole. All'interno del campanile esistono due cappelle sovrapposte; in una di esse troviamo, in cattivo stato di conservazione, un
affresco raffigurante una
Madonna col Bambino che risale alla prima decade dell'XI secolo, negli anni di costruzione dell'abbazia. Nell'affresco realizzato con diverse tonalità di rosso, si può ancora leggere la figura della Madonna che regge con il braccio sinistro il Bambino, mentre tiene nella mano destra un ramo fiorito. Il linguaggio pittorico si connota per la staticità delle figure, le marcate linee di contorno, i pomelli rossi sulle guance: elementi stilistici tipici della pittura romanica più antica.
I complessi lavori di scavo, iniziati nel 1979 e ultimati nei primi anni novanta, hanno consentito di conoscere quale fosse la planimetria della chiesa abbaziale progettata da Guglielmo da Volpiano. Si trattava di una chiesa a tre
navate non molto estese, delimitate da quattro pilastri quadrati; relativamente più esteso era il
transetto dal quale sporgevano verso oriente due cappelle
absidate che, in coerenza con lo schema dell'
abbazia di Cluny, fiancheggiavano il coro: vista dall'esterno la chiesa presentava dunque cinque navate, quella centrale, le due navatelle laterali e quelle delle cappelle del transetto. L'area
presbiteriale era a sua volta affiancata da quattro pilastri che, assieme ai quattro della navata, sostenevano il tetto formato da una travatura lignea con copertura a tegole piane. L'area presbiteriale, in posizione elevata rispetto al piano della navata, sovrastante una
cripta che la sosteneva, si connotava per la presenza di un altare (l'"altare della Croce") posto di fronte alla cosiddetta "rotonda del Santo Sepolcro", dove si svolgevano le funzioni religiose. Tale struttura architettonica, volta a richiamare simbolicamente il
Santo Sepolcro fatto erigere da
Costantino sulla tomba di Cristo, era dunque il fulcro della liturgia celebrata a Fruttuaria. A ovest, davanti alla facciata della chiesa, si ergeva un quadriportico secondo uno schema architettonico assai diffuso nelle chiese romaniche (come ancora si osserva ad esempio nella
Basilica di Sant'Ambrogio a
Milano.
Gli elementi artisticamente più rilevanti emersi durante gli scavi sono i resti del raffinato pavimento
musivo dell'area presbiteriale, realizzato con
tessere bianche e nere (con limitati inserimenti di tessere colorate) che disegnano motivi geometrico-vegetali e figure di animali fantastici. Si tratta di un'opera databile alla seconda metà dell'XI secolo. La decorazione musiva constava di due ampi pannelli rettangolari, posti ai lati dell'altare, raffiguranti animali fantastici affacciati tra loro; di fronte all'altare, in posizione ribassata, si disponeva una fascia costituita da cerchi che s’intersecano, variamente adornati con motivi geometrico-vegetali e piccoli figure di uccelli; al sotto di un gradino, andando verso la navata, trovava posto un'altra fascia formata da pannelli rettangolari con rombi che racchiudono ancora figure di volatili, mentre altri pannelli, che riprendono l'immagine del grifo e dell'albero della vita, delimitavano la fascia.
Particolarmente suggestivo (al punto da essere stato scelto come emblema dei mosaici ritrovati) è il pannello rettangolare, egregiamente conservatosi, che mostra due
grifi alati che si affrontano. Le due figure animali sono poste al centro di in un riquadro delimitato da una treccia con tondi in cotto; tra di esse è posto un tralcio vegetale raffigurante l'
albero della vita. I due grifoni, con la loro duplice natura (testa di aquila e corpo di leone), simboleggiano verosimilmente la figura di Cristo, Dio e Uomo allo stesso tempo.