“Maddio? Vada a Canossa per un po’…”. Chieda scusa alla popolazione, insomma. Si prostri ai piedi dei castellamontesi! Usa una metafora, Pasquale Mazza, neo sindaco di Castellamonte, per rispondere al suo avversario Giovanni Maddio dopo gli attacchi che quest’ultimo gli ha rivolto, l’altra settimana dalle colonne di questo giornale. Ancora una volta, a tenere banco, è la discarica di Vespia. “Dov’è finito l’impegno per la discarica?” provoca Giovanni Maddio con quello sguardo vispo che ricorda quasi la Volpe di Collodi. E continua: “Credevo che durante il consiglio comunale di insediamento il nuovo sindaco mostrasse ai tutti la stampa del biglietto aereo per Roma. Aveva promesso che tra le prime iniziative sarebbe stato ricevuto dal Ministero dell’Ambiente con l’obiettivo di far chiudere la discarica di Vespia. Ma da un paio di settimane stranamente in città non si parla più di discarica e rifiuti…”. E poi ancora: “mi chiedo anche che fine abbia fatto il comitato di cittadini di Campo e Muriaglio formatosi, guarda caso, alla vigilia delle elezioni amministrative?” . Mazza risponde a tono: “E’ chiaro che Maddio è talmente antiquato che non sa che non bisogna andare a Roma a fare il perdigiorno a parlare con un Ministero, a Roma si può anche telefonare. Noi non siamo dei perdigiorno, non siamo stati qui a carico dei cittadini per anni e faremo meglio di lui che è stato sonoramente bocciato alle ultime elezioni”. L’impegno non è venuto meno. “Abbiamo già convocato due riunioni - aggiunge Mazza -, una nelle scorse settimane e una venerdì scorso, e questo per riparare ai danni che lui ha fatto. Noi cercheremo di chiuderla, la discarica. Siamo sempre sulla stessa lunghezza d’onda e anzi vorremmo che fosse già chiusa. Stiamo cercando di capire come fare senza gravare il comune di costi”. Di certo c’è che, nel frattempo, l’Amministrazione non concederà alcun ampliamento. “Su questo sono categorico - rimarca il sindaco - perché mi ritengo un vero tutore dei cittadini. E’ vero tuttavia che esistono richieste di ampliamento pregresse e già autorizzate e in quel caso non potremmo intervenire…”. Andare a Canossa: Il detto ha origine da un episodio storico avvenuto nella cittadina emiliana di Canossa il 25 dicembre del 1077. Ne fu protagonista l'imperatore Enrico IV, che colpito dalla scomunica di papa Gregorio VII si vide costretto a implorarne il ritiro, pena la perdita effettiva del suo potere. Il pontefice, che era ospite al castello di Canossa della contessa Matilde di Toscana, cugina e vassalla dell'imperatore ma devota e fedele alla Chiesa, ritirò la scomunica solo per intercessione della nobildonna; tuttavia impose all'imperatore tre giorni di umiliante attesa, che questi dovette trascorrere in abito da penitente, a piedi nudi, nella neve, fuori delle porte del castello.
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