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CASTELLAMONTE. Il colloquio con l’artista tra un pausa caffè e una chiacchierata

CASTELLAMONTE. Il colloquio con l’artista tra un pausa caffè e una chiacchierata

Mostra della Ceramica

Mi chiamo Marco Castagnetto e sono un artista canavesano. Definizione da prendere con le pinze oggigiorno, quella di artista: me la concedo per praticità, indicando con il termine chi cerca di far pagnotta attraverso un qualche mezzo creativo, mettendo qualcosa di sé in cose che si presuppone possano suscitare una reazione estetica, emotiva o intellettuale negli altri. Nessun dubbio, invece, sulla definizione canavesano, perché lo sono da generazioni e sono sempre stato scettico nei confronti di quelle posizioni aprioristiche che vedono nella città la possibilità unica per l'arte. Scrivo una lettera aperta al Comune di Castellamonte per raccontare un episodio e per dare un consiglio, laddove si abbia la buona fede di leggere oltre la critica, convinto come cerco di essere di una concreta possibilità comunicativa tra la comunità e i suoi organi di rappresentanza. La storia è questa: su indicazione di un'amica prendo contatto telefonico con l'Assessorato alla Cultura di Castellamonte per ottenere un appuntamento con la signora Nella Falletti, così da poter sottoporre il mio lavoro (sono pittore ed illustratore) in valutazione per una mostra, una collaborazione, una possibilità espositiva. Quelle cose che, insomma, interessano agli artisti un po' per non tenersi i lavori nel cassetto, un po' per creare un ponte tra sé e gli altri, un po' per dare visibilità al proprio lavoro. L'appuntamento lo ottengo, è per lunedì 30 marzo alle 10, e ci vado puntuale con il mio laptop sotto il braccio. Cinque ragionevolissimi minuti di attesa e l'assessore Falletti arriva in ufficio, mi dice che deve solo sbrigare una breve incombenza al piano superiore e mi assicura che sarà da me tra poco. Mi chiede se le mostrerò le mie cose in cartaceo o sul computer, ed esce. Infatti scende dopo pochi minuti in compagnia di un paio di persone cui propone un caffè al bar davanti al Municipio: mi rassicura da lontano che sarà cosa di poco conto e raggiunge il bar. Seguono cinquanta minuti di anticamera, suddivisi tra i trenta di un caffè (presumo) decisamente lungo e venti di una pacifica chiacchierata con una signora davanti all'ingresso del Municipio. Infine arriva, mi dice che il problema è che al momento lei non ha un computer sotto mano (l'ho io, comunque), mi chiede, un po' imbarazzata, se ho l'indirizzo mail dell'assessorato, e infine dispone ad una segretaria di scrivermelo. Poi, senza neppure aver chiesto il mio nome, risponde ad una chiamata telefonica e il mio appuntamento finisce lì. Non ha visto alcunché di mio, potrei essere il nuovo Keith Haring o il più becero imbrattatele del pianeta. Nel caso, avrei anche potuto cercare di motivare perché non di sola ceramica vive l'uomo. Questa è la storia, nulla di particolarmente originale, ma interessante proprio per il riproporsi di una serie di luoghi comuni che personalmente ritengo stanchi e deleteri, come tutti i luoghi comuni. Quali sono i consigli che mi sento di dare, in piena modestia, all'Assessorato in questione del Comune di Castellamonte? In primis, quello di riconsiderare la propria concezione di appuntamento, magari correggendola nella consapevolezza che la gente lavora, ed anche ricordando quelle volte in cui si è intimamente inveito contro chi ha fatto aspettare loro un'ora per poi rispedirli al mittente: l'ufficio postale, il medico curante, il commercialista, il notaio, situazioni che sono toccate a tutti e non sono piaciute a nessuno. Poi, eventualmente, considerare anche che un appuntamento non è la pausa tra un caffè e qualcosa di successivo, ma semmai il contrario. Infine, se non sono eccessivamente presuntuoso, si potrebbe anche ripensare all'ottica con cui si tratta con quegli artisti che non hanno alle spalle fondazioni, partiti, associazioni, santi, mentori e mecenati: si potrebbe scoprire, magari con un'intima e disinteressata soddisfazione, una dimensione, se non inedita, almeno più ariosa della cultura. E si finirebbe per offrire al pubblico una scelta più vasta e dinamica che non deve necessariamente includermi, ma che non presterebbe il fianco a chi pensa, con vituperata concessione populista, che se non si è immanicati non si va da nessuna parte.

Cordialmente,

Marco Castagnetto

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