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22 Dicembre 2020 - 09:17
Accelerazione sulla fascia destra, movimento a rientrare sul sinistro per disorientare il difensore avversario e “girello” sul secondo palo. La classica giocata che ha contraddistinto la carriera di Arjen Robben è quella prediletta da Roberto Menabò, attaccante esterno da questa stagione in forza a La Pianese. E proprio il fuoriclasse olandese è il giocatore a cui si ispira il classe 1992 chivassese. “Robben è un giocatore pazzesco, mi è sempre piaciuto per il modo di giocare e di intendere il calcio. Studio i suoi video per carpirne i segreti e migliorare i miei movimenti. In generale adoro i mancini”.
L’avventura calcistica di Menabò è partita dalla sua città, Chivasso.
I primi tre anni di Scuola Calcio li ho fatti al La Chivasso, poi ho vestito la maglia della Juventus fino alla categoria Giovanissimi: cinque anni in bianconero sono stati fondamentali per la mia carriera, perché il bagaglio di esperienza e di tecnica che ho immagazzinato a Torino sono stati decisivi. La categoria Allievi Nazionale l’ho giocata con la maglia del Canavese, poi a 17 anni sono passato alla Pro Settimo Eureka. Con i settimesi ho iniziato a giocare con la Juniores Nazionale, poi a metà stagione sono stato promosso in prima squadra e ho disputato il secondo semestre in serie D. Purtroppo a fine stagione siamo retrocessi in Eccellenza dopo il playout. Con la Pro ho giocato per 2 anni e mezzo in Eccellenza, fino a quando Nicola Ragagnin mi ha voluto con sé a Volpiano: con le foxes ho giocato tre anni, poi sono passato all’Alicese dove ho disputato altre tre campionati, probabilmente i più belli della mia carriera, sia a livello personale che di squadra. Ricordo con piacere quel periodo, eravamo davvero un gran bel gruppo che è stato capace di vincere un campionato di Promozione e disputare due ottime annate in Eccellenza. Dopo Alice sono sbarcato a Trino, un’altra buona esperienza che mi ha dato l’occasione di giocare per metà stagione con mio fratello Simone. Lo scorso anno ho giocato a Stresa, per la mia prima esperienza lontano da casa. Vivere al lago è davvero entusiasmante, peccato che il Covid ci abbia messo lo zampino, ma in quei mesi sono stato veramente bene. Da settembre sono in forza a La Pianese, una società che oltre a permettermi di giocare praticamente a casa si avvicina di parecchio alla mentalità che c’era ad Alice Castello: un ambiente tranquillo è quello che mi fa sempre rendere al meglio.
Qual’è l’allenatore quello a cui sei più legato.
A Trino ho avuto la fortuna di lavorare con Andrea Caricato: è un ottimo allenatore e anche un amico. Non posso non menzionare Ugo Yon che mi ha allenato all’Alicese: è stato bravo a mantenere il gruppo solido e fare rendere al massimo tutti i giocatori. Si era creata una bella sinergia importante tra noi compagni e il mister. E poi Davide Gamba, l’attuale tecnico della Pianese che a mio parere è uno dei più preparati della categoria.
Se dovessi scegliere un compagno tra quelli che hai avuto che vorresti sempre in squadra con te.
Il primo nome d’obbligo è quello di mio fratello Simone, se no a Natale non mi fa il regalo. Scherzo ovviamente. Andiamo molto d’accordo, ci capiamo sia dal punto di vista mentale che calcistico. Ci troviamo a memoria senza nemmeno doverci parlare. Poi c’è Alessandro Benna, un amico e uno che vorrei sempre nello spogliatoio, porta serenità, allegria e quella sana “ignoranza” intesa come simpatia che non guasta mai.
Il gol più bello che hai realizzato.
Ne ricordo uno quando ero all’Alicese nel derby contro il Trino. Ho realizzato il gol del 3-3 partendo da metà campo, sono rientrato sul sinistro e l’ho messa all’incrocio sul secondo palo. In quella partita ho messo a segno una doppietta, direi una gran bella giornata.
La partita più bella che hai giocato.
Ne cito due e sono entrambe due finali di Coppa Italia vinte. Quella di Eccellenza con la Pro Settimo Eureka e quella di Promozione con il Volpiano nel 2012 quando in finale abbiamo battuto per 4-3 la Virtus Mondovì anche grazie ad un mio gol.
La partita che invece vorresti rigiocare.
Lo spareggio playout nella prima stagione tra i “grandi” in serie D con la Pro Settimo Eureka. Giocavamo contro il Rivoli e dopo aver perso l’andata in casa per 2-0, al ritorno da loro ci siamo portati sul 2-0, ma avevamo bisogno di fare un altro gol per salvarci. Lo abbiamo sfiorato più volte, ma non siamo riusciti a farlo. Mi è rimasto parecchio amaro in bocca per quella partita.
C’è qualche difensore che ti ha fatto soffrire più degli altri.
Senza dubbio Francesco Fiore che quest’anno milita nella Biellese. Tutte le volte in cui lo affronto mi metto in testa di provare a saltarlo in ogni modo, ma non ci riesco mai. E’ un muro invalicabile, non mi concede un centimetro e mi fa venire un nervoso pazzesco. Anche Alessandro Canino è un gran bell’osso duro con cui avere a che fare.
E’ domenica di campionato. Suona la sveglia. Qual’è il tuo primo pensiero.
Cerco di vivere la domenica abbastanza serenamente, non pensando troppo alla partita e rimanendo tranquillo. La tranquillità è il mio punto di forza. Ovviamente quando ci si avvicina al fischio d’inizio iniziano a salire tensione, adrenalina e concentrazione. Sono uno scaramantico che cerca di fare sempre gli stessi gesti prima del fischio d’inizio.
E la domenica senza calcio, come la vivi.
Purtroppo non è un periodo facile. Cerco di andare a correre e allenarmi assieme a mio fratello con una programmazione settimanale in modo da mantenere buona la condizione fisica. Il calcio è una componente essenziale della nostra vita e fino a quando avrò la possibilità di giocare lo farò. E’ pesante stare lontano dal campo e soprattutto dai compagni di squadra, ma dobbiamo restare positivi e sperare di riuscire a portare a termine la stagione .
Obiettivi per il futuro.
Ho conseguito la laurea in scienze motorie e quindi mi piacerebbe rimanere nel mondo dello sport. Fino alla scorsa stagione ho sempre allenato un gruppo della Scuola Calcio nelle società in cui militavo, ma non perché ho come finalità quella di diventate allenatore, ma perché mi piace lavorare con i bambini. Credo che allenare nel settore giovanile è in grado di darti più soddisfazioni rispetto al mondo dei grandi.
In tanti anni di spogliatoio di aneddoti da raccontare ce ne saranno un bel po’.
Più che aneddoti mi piace parlare dei compagni di squadra che mi hanno fatto davvero divertire. Enzo Visciglia e Alessandro Benna sono tra i più matti con cui ho giocato e nello spogliatoio ne combinano di tutti i colori. Lo scorso anno a Stresa mi sono divertito tanto con Giovanni Campanaro: vivendo lontano da casa è più facile avere momenti di svago e trascorrere momenti divertenti e da ricordare.
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