La riduzione del numero di squadre del massimo campionato "non è la panacea di tutti i mali" del calcio italiano, ma potrebbe contribuire ad una Serie A "più equilibrata, con maggiore appeal, e al contempo meno stressante" per i club impegnati in Europa. Secondo il presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete, sono maturi quindi i tempi per metter mano al format del pallone italiano. "Nel mese di maggio convocherò un incontro per riprendere il discorso relativo alla riforma dei campionati - annuncia al termine del Consiglio federale - Mi sembra il momento opportuno per parlarne, ancor prima che parta il nuovo format col passaggio da 132 a 102 squadre professionistiche". Per Abete, infatti, "bisogna insistere su questo argomento ed effettuare delle riflessioni sulla prospettiva di un sistema che nel tempo deve asciugarsi ulteriormente, è un dato di fatto". "Senza dubbio è stato fatto un passo avanti importante con la riduzione di 30 società - ricorda il n.1 della Figc - ma ora bisogna comprendere anche lo scenario nel quale ci muoviamo, e anticipare i problemi futuri che si fondano su due aspetti: la difficoltà di tenuta fisiologica nella fascia bassa, e la necessità in fascia alta di esprimere una maggiore competitività potenziale con un calendario che sia in qualche modo proiettato all'attività internazionale e non eccessivamente vincolato a quella nazionale". Insomma, meno dispendio di energie in Italia per poter arrivare con le gambe più leggere agli appuntamenti in Europa. In Federcalcio, però, si fa notare anche che sarebbe "un errore ipotizzare che una riduzione delle società determini da sola maggiore competitività, non è automaticamente vero". "Un'eventuale riduzione da 20 a 18 squadre in Serie A non è una panacea di tutti i mali - sottolinea Abete - però determina una scelta politica di fondo avere dei campionati probabilmente più equilibrati, e con maggiore appeal, e al contempo avere più spazi finalizzati all'attività internazionale". Essere protagonisti in Italia, per poi recitare da comparsa nelle coppe europee non è infatti più accettabile: "E' importante che i nostri club, che tradizionalmente rappresentato il Paese, si concentrino sull'attività internazionale perché se si è eccessivamente stressati dal campionato poi si determinano maggiori difficoltà ad essere competitivi". "Sappiamo però che all'interno della Lega di Serie A ci sono posizioni articolate - ammette Abete - e che gran parte della partita si gioca sul meccanismo delle promozioni e retrocessioni. La chiave di volta è quella ancor più che il numero complessivo della squadre". Un altro problema evidenziato è poi quello "dell'utilizzo dei giovani". Abete snocciola "i dati recenti sulla percentuale di minutaggio degli Under20 nei 5 campionati top in Europa" che indicano la Serie A come fanalino di coda. "Rimane una difficoltà culturale nel lanciare i giovani U20 che prescinde dalla loro nazionalità" l'amaro commento del presidente.
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