"Boniperti nel suo libro lo ha detto chiaramente che coppia eravamo: io avevo aggressività, ma lui possedeva una classe innata. E, quando giocavo al suo fianco, diventavo un campione". Trenta anni senza Gaetano Scirea, e Sergio Brio deve aver ripetuto nella sua mente infinite volte, in questo trentennio, consigli, giocate e movimenti da maestro di uno dei più grandi difensori italiani di tutti i tempi. Comincia così il ricordo, commosso e lucido, che Brio conserva del libero bianconero. Quella Juve che in tanti definivano 'difensivista' e che invece Trapattoni schierava con Platini, Boniek e Paolo Rossi assieme - era una specie di filastrocca. Vincente. Zoff - Gentile - Cabrini - Furino - Brio - Scirea.... "Abbiamo giocato per 10 anni assieme, ci bastava un colpo d'occhio per capirci. Parlare di Gaetano è molto semplice: di solito si parla bene di chi muore, ma lui era una persona davvero speciale - ci tiene a sottolineare Brio -. Con lui in campo ci si sentiva più sicuri e migliori. Tanti lo hanno conosciuto come calciatore, ma posso garantire che era un fuoriclasse anche fuori dal campo. Una persona per bene, di quelli che parlano poco e, quando lo fanno, lo ascoltano tutti. Nello spogliatoio accadeva proprio questo". Brio lo stopper, definisce il libero Scirea "un uomo concreto e autentico". "E' il prototipo del calciatore che un allenatore vorrebbe sempre avere nella propria squadra - racconta all'ANSA uno dei più arcigni marcatori che la storia del calcio italiano ricordi -. Gaetano giocava per la maglia con lealtà e classe, senza mai creare un problema. Lo ripeto: era facile giocare al suo fianco, con lui si migliorava: nella fase di non possesso si metteva dietro la difesa, in fase di possesso diventava un centrocampista aggiunto". Di Scirea resterà scolpita nel cuore degli sportivi la correttezza: "E' stato ammonito una sola volta e per una trattenuta di maglia". Brio, oggi opinionista Rai, sfoglia l'album dei ricordi e si commuove. "Fra noi esisteva un'intesa perfetta. Solo una volta, a Praga, contro lo Sparta - racconta - fummo protagonisti di una collisione su un pallone alto: la prendi tu, la prendo io, ci scontrammo. Subìi una frattura, rimasi fermo tre mesi. In un'altra occasione, pareggiavamo con una squadra di bassa classifica e non riuscivamo a far gol. I nostri avversari avevano un centravanti al quale davano il pallone, lui lo difendeva, facendo salire la propria squadra. A un certo punto, Gaetano mi dice: 'Mi sono stufato, facciamo una cosa, tu ti metti davanti a lui e io controllo da dietro, così non la prende più'. Io ero scettico, perché non avevamo mai marcato in quel modo, ma lui mi rassicurò, dicendomi: 'mi prendo io la responsabilità, qualsiasi cosa accada'. Da quel momento il nostro avversario il pallone non lo vide più". Brio custodisce anche qualche istantanea dello Scirea assistente di Zoff e futuro allenatore. "Erano molto amici con Dino, assieme alle mogli tutti i venerdì andavano a cenare, sempre lo stesso posto, in pieno centro a Torino. Quando smise di giocare e collaborò con Zoff, che era diventato tecnico della Juve, ero uno dei veterani della squadra; andavamo in ritiro in Svizzera e ricordo le lunghe passeggiate con lui dopo cena, mentre ci scambiavamo varie opinioni. Di lui mi mancano anche quelle passeggiate. Gaetano è indimenticabile e mi manca moltissimo. Solo chi lo ha conosciuto ha potuto veramente apprezzarlo".
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