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BRUSASCO. L’Abbazia di Santa Fede

BRUSASCO. L’Abbazia di Santa Fede

Giace Cavagnolo su d’una amena collina alla destra del Po tra Monteu da Po, Moransengo e Brusasco, ed alla distanza da due miglia da Verrua”. Così descrive la zona lo storico ottocentesco, De Canis, nella sua Corografia Astigiana di fine Ottocento (1)

Il comune di Cavagnolo della Città Metropolitana di Torino è situato sulle colline del Monferrato settentrionale, a circa 40 Kilometri dal capoluogo, inserito all’interno dell’area protetta del Po.

Il centro, in pianura della Val Cerrina, è attraversato dalla SP 590; proseguendo dopo la rotonda, subito sulla destra si gira e, percorrendo la strada per circa due kilometri tra prati e boschi, della valle dei Gobbi e del rio di Santa fede, si raggiunge la chiesa di Santa Fede..

“Nel rione detto di S. Fede dalla chiesa di questo nome, eravi un’antica abazia di benedettini, la quale sotto il titolo di priorato spettò quindi alla mensa vescovile d’Acqui, ed appartiene adesso a quella di Casale”. (2)

Per raggiungere il piazzale prospiciente l’edificio, bisogna svoltare nello stretto tornante della stradina che costeggia il moderno complesso, addossato al fianco sud e edificato sul sedime dell’antico palazzo vescovile e seminario

Il Monasterii sancte Fidis de Cabagnoli, alle strette dipendenze dal Monastero francese di Sainte Foy de Conques, era gia presente nel XII secolo sul territorio controllato dai Marchesi del Monferrato come attestano i documenti sinora esaminati, anche se le fonti storiche sulla costruzione del complesso sono molto esigue. Infatti è uno degli edifici romanici più studiati e dibattuti dagli studiosi e critici del settore. (3).

Un  documento del 1164  l’imperatore Federico Barbarossa conferma allo zio Guglielmo il vecchio, marchese del Monferrato, il possesso delle terre di Cavagnolo, nella quale si menziona l’esistenza del priorato di Santa Fede. Compare regolarmente negli elenchi delle chiese vercellesi dal 1298 al 1440  Nel 1372 raggiunse il massimo splendore, grazie anche alle donazioni del marchese Giovanni II di Monferrato

Nel corso del Cinquecento l’abbazia di Santa Fede ebbe alterne vicende: declassata a chiesa campestre e cimiteriale; fu abbandonata e nelle varie visite pastorali menzionata in pessimo stato di conservazione; nel XVIII secolo viene realizzato l’intervento che ha modificato  la struttura originale, con lavori di sistemazione ed ampliamento a ridosso della navata sud e della zona dell’abside. (come scrive una lapide all’interno)

Passa dalla Diocesi di Vercelli a quella di Casale, ristrutturata e per qualche tempo parrocchia. Alla metà dell’Ottocento diventa proprietà dello Stato, a seguito della legge di soppressione degli ordini religiosi e acquistata successivamente da privati che la usano come stalla. Nel 1895 il complesso è acquistato dalla Congregazione dei Padri Maristi  con sede a Roma, utilizzato come scuola Apostolica, scuola media statale, e poi ancora Scuola Apostolica ed in ultimo centro di accoglienza.rimanendo di loro proprietà fino al 2014. Attualmente la chiesa è della Parrocchia di Cavagnolo appartenente alla Diocesi di Casale; nella struttura la Comunità di Siloe ne garantisce l’apertura e la manutenzione oridinaria. La stessa Amministrazione Comunale la valorizza attraverso iniziative e progetti dal punto di vista culturale, inserendola anche in itinerari turistici:

Note

1)G. S. DE CANIS, Corografìa astigiana, Asti, 1885,

2)G. CASALIS, Dizionario geografico, storico, statistico...., Torino, 1857, vol. IV, p. 294;

3)Insieme a S. Lorenzo di Montiglio, S. Secondo di Cortazzone e SS. Nazario e Celso a Montechiaro, costituiscono, un gruppo omogeneo rispetto a quelle appartenenti alla scuola del Monferrato (Casartelli 1959) secondo il Porter 1917, per via delle strutture omogenee dal punto di vista delle soluzioni stilistiche adottate: stessi apparati decorativi che alternano cotto e pietra, absidi tripartite da semicolonne, finestre alquanto  strombate e con una piccola fessura per far passare la luce, decorazione scultorea con il simbolismo apocalittico e dai forti richiami alla classicità.) cfr Provincia di asti, Ministero per i Beni Ambientali e Architettonici del Piemontele, chiese romaniche delle campagne astigiane,  Asti 1984; Torino 2002.

Descrizione

La costruzione è a tre navate e presenta una facciata,a salienti, con un magnifico portale d’ingresso, con archetti pensili sotto le falde del tetto, con una bifora che divide un finestrone visibilmente ingrandito rispetto all’originale, per aumentare la luminosità interna.

Il transetto non sporge e la torre campanaria è a pianta quadrata, visibile un solo abside centrale semicircolare. Il paramento esterno della muratura è costituito in pietra a vista squadrati e mattoni.

Il portale con sovrastante arco a tutto sesto fortemente strombato è delimitato da semicolonne che reggono una serie di ghiere scolpite. Le sculture uniscono al tipico repertorio romanico di mostri e figure stravaganti  il classicismo del mondo romano e paleocristiano, i capitelli di tipo corinzio. L’archivolto riccamente decorato presenta la prima fascia divisa da intrecci in dodici campi, in cui sono scolpite figure zoomorfe, mostruose e geometriche, con una croce al colmo dell’arco. Nella lunetta è raffigurato un Cristo pantocratore inserito in una mandorla sorretta da due angeli;  La porta è delimitata alle estremità da due tozze colonne con capitelli scolpiti (a fogliami quello di destra e con figure umane, che alcuni studiosi identificano con Adamo ed Eva, e liane quello di sinistra, che potrebbero rappresentare le lotte delle virtù e dei vizi; sopra di essi si ergono due bassorilievi che rappresentano dei grifoni.

Sul lato sinistro si intravedono alcune iscrizioni, come quella di “Rolandus Presbiter”, che potrebbe aver avuto un qualche ruolo nella fondazione del complesso ma che non si può identificare con precisione.

Il lato nord è caratterizzato da muratura in pietra inferiormente e in soli mattoni nella parte superiore, con il coronamento ad archetti pensili e una cornice che nel transetto è decorata.

Il prospetto sud è inglobato, insieme alla parte posteriore al complesso costruito negli anni sessanta del Novecento.

L’interno, con la sua suggestiva armonia, è essenziale: i pilastri cruciformi e le mezze colonne dai bei capitelli scolpiti con soggetti a tema vegetale, figure animali e teste umane, sorreggono la volta a botte.L’alternanza di arenaria e cotto e  le cornici modanate a billettes spiccano notevolmente.

I restauri.

Negli anni quaranta del secolo scorso,furono realizzate opere di scrostatura degli intonaci,  all’interno su pareti, pilastri, colonne e capitelli e dieci ani dopo la Soprintendenza ai Monumenti condusse, lavori di consolidamento con nuove fondazioni, di restauro nella parete nord ed in facciata e di  rifacimento del manto di copertura. Nel 1968, vennero eseguite opere che modificarono il carattere dell’ambiente circostante e danneggiando anche la dignità del monumento. Il collegio dei Padri fu ristrutturato internamente alla fine degli anni ottanta, mentre solo nel 1990 la Soprintendenza verificò con attente  indagini specialistiche le lesioni presenti, specialmente sul portale d’ingresso dell’abbazia

Nel 1953 la Soprintendenza ai Monumenti promosse, a proprie spese e sotto la Direzione del Soprintendente arch. Mesturino, i primi lavori di restauro alle fondazioni per tutta la lunghezza della muratura perimetrale nord.  Sulla stessa facciata furono chiuse le aperture che erano state aggiunte nel tempo. Le lacune furono ricomposte con tamponamento di una finestra nella campitura del transetto che illuminava l’altare di Sant’Anna demolito nel 1940 e di una porta vicino alla facciata. Nel 1968, vennero eseguite opere che modificarono il carattere dell’ambiente circostante, danneggiando in parte la dignità del monumento. Il collegio dei Padri fu ristrutturato internamente alla fine degli anni ‘80, mentre solo nel 1990 la Soprintendenza verificò, con attente  indagini specialistiche, le lesioni presenti, specialmente sul portale d’ingresso dell’abbazia e all’interno. Gli ultimi lavori hanno interessato il restauro dello stesso portale e opere di manutenzione staordinaria.

A distanza di 30 anni la situazione non è molto cambiata: la manutenzione ordinaria e straordinaria non è stata realizzata per mancanza di fondi e le condizioni di degrado attuali non fanno prevedere certamente la conservazione del bene.

L’attuale custode può solo garantire l’accesso ai visitatori, certo non può eseguire opere di restauro o di manutenzione come quella che necessita la struttura.

L’abbazia di Santa Fede è un documento di fede, d’arte e di storia, inserita in un contesto naturale, paesaggistico ancora non contaminato, su una strada che bisogna cercare e che era uno dei percorsi di pellegrinaggio sul “caminamento di Santiago di Campostella. E che ancora adesso è meta di fedeli e turisti che provengono da tutte le parti. E’giunta fino a noi e non dobbiamo permettere a nessuno e soprattutto al tempo che sino adesso è stato clemente di distruggere ciò che rimane della storia passata e presente; è importante e improcrastinabile realizzare un vero e proprio progetto complessivo, per  le opere di manutenzione ordinaria, straordinaria e di restauro, con l’obiettivo di recuperare totalmente  un gioiello così importante dell’architettura romanica.  Il futuro è tutto da costruire in attività di studio, di ricerca, di formazione, di lavoro rivolta sopratutto ai giovani che vogliono impegnarsi, artigiani, tecnici, restauratori, operatori culturali, turistici  tutti uniti per poter finalmente intraprendere un percorso che veda da una parte gli Enti pubblici e privati e dall’altra coloro che realmente vogliono conservare la loro identità all’interno di un territorio che deve assolutamente essere conosciuto valorizzato e apprezzato lavorandoci tutti ognuno con le proprie capacità e possibilità. e competenze.

La conservazione di un bene culturale è garantita  solo se viene usato, compatibilmente alla sua destinazione originaria, valorizzato e fruito; in una parola, deve essere “vissuto”. Oltre che conosciuto ed ammirato. Non fermiamoci solamente a guardare. L’abbazia di S.Fede merita molto di più, come gli altri complessi che fanno parte del circuito del Romanico del Monferrato e non solo.

Sara Inzerra

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