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01 Ottobre 2020 - 17:40
La tragedia dell’Arandora Star e dei bollenghini naufragati il 2 luglio del 1940 nel mare d’Irlanda, domenica scorsa (27 settembre) è approdata anche su Rai2.
Intervistato, il sindaco Sergio Luigi Ricca, ha spiegato: “Questa è la storia di chi è emigrato lasciando l’Italia andando a cercare fortuna altrove, senza sapere la lingua, senza conoscere gli usi del paese dove andava, ma armato di tanto coraggio e della forza e la voglia di fare”.
Una tragedia ricordata, per gli ottant’anni dai fatti anche anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Ai parenti delle vittime non sono mai giunte scuse ufficiali dall’Inghilterra, né risarcimenti.
Il sindaco Sergio Luigi Ricca è da anni in prima linea affinché la memoria di questa tragedia non si perda. Proprio a questo fine, nello scorso mese di giugno a Bollengo è stato inaugurato il monumento ai caduti nel naufragio dell’Arandora Star. A volerlo fortemente è stato il nipote di una delle vittime, il cuoco bollenghino Edoardo Ceresa.
Martedì scorso, 22 settembre, il nipote, Edoardo Giulio Ceresa (Eddy) è arrivato dall’Inghilterra, dove vive e ha inaugurato il monumento non avendo potuto partecipare all’evento di giugno a causa del Covid.
Ci racconta, sindaco, le emozioni di martedì 22 settembre 2020 vissute coll’omonimo nipote di Edoardo Ceresa?
“E’ stato certamente emozionante risentire ancora una volta dalla viva voce di Eddy (così viene chiamato Edoardo Giulio Ceresa, nipote di Edoardo Ceresa vittima dell’Arandora Star), la storia della sua famiglia, con la tragica vicenda del nonno, che per altro, nella drammaticità di quei momenti, ha la capacità di coglierne la pericolosità e di far rimpatriare la moglie ed il figlio Antonio, non ancora ventenne, salvando probabilmente il loro futuro. Antonio, in Italia, viene arruolato nell’esercito, spedito in nord Africa, usato nelle retrovie, data la sua ottima conoscenza dell’inglese, per parlare con i prigionieri inglesi. Poi, a guerra finita, assunto in Olivetti, per la stessa ragione inviato in Inghilterra nello stabilimento che Olivetti apre a Glasgow, dove nel 1949 nasce Edoardo Giulio. Lui è il vero cultore della memoria di una storia familiare che ha valenza universale, tante sono le vittime dell’Arandora Star. Così ha fatto riscoprire a me ed ai bollenghini una storia che era stata certamente vissuta con disperazione dalle famiglie dei caduti, ben nove di Bollengo: ha aperto scenari che oggi erano sconosciuti, riavvicinato, nel ricordo di quella tragedia, i familiari superstiti, accumunati dal doloroso ricordo che alcuni parenti più giovani hanno anche loro scoperto solo adesso. Certamente ha fatto prendere ancor più coscienza della brutalità della guerra e di come le decisioni di chi governa possano drammaticamente cambiare i destini anche di cittadini lontani. Oggi, sentendo quei racconti, che riguardano nostre famiglie vicine, persone che si conoscono, si coglie ancora di più il valore della pace, la bellezza dei nostri anni vissuti in libertà senza dover affrontare sofferenze come quelle di chi ci ha preceduto”.
Ancora tanto forte il dolore per queste morti da parte dell’intero paese e delle sue Istituzioni?
“Riportare alla luce la vicenda dell’Arandora Star riaccende certamente anche il ricordo del dolore e della sofferenza di quegli anni. Bisogna dire però che l’Arandora Star è stato un episodio che ha segnato l’inizio della guerra, avvenuto lontano da qui. Certamente la notizia qui avrà portato dolore e sconforto in tante famiglie. Purtroppo a quel dolore se ne è aggiunto subito tanto altro: quello dei morti al fronte e poi soprattutto le vicende delle rappresaglie nazifasciste dopo l’otto settembre 1943. La guerra di Liberazione ha toccato pesantemente la vita civile e non solo chi indossava una divisa. Il ricordo di queste vicende vissute da vicino è quello che più è rimasto nei libri di storia e nella memoria collettiva trasmessa a chi è venuto dopo”.
Molte di queste opere commemorative vengono poste in essere dietro allo stimolo dalla cerchia degli intimi del caduto: parenti, colleghi, amici, spesso semplici conoscenti ma lei come massima istituzione di Bollengo si è reso molto disponibile, questo le rende onore.
Forte anche il suo senso di appartenenza vero?
Si. Io amo il mio paese e le mie radici, e questa storia mi fa ricordare non solo le vittime di quella tragedia, ma svela anche una parte della storia di Bollengo che tanti, soprattutto i più giovani, non conoscono. Quella della forte migrazione di fine ottocento, inizio novecento che ha caratterizzato il mio paese. Quasi mille persone, in quei decenni, hanno lasciato Bollengo, andando per lo più, come Edoardo Ceresa, in Inghilterra, o in Sud Africa, o negli Stati Uniti, come mia zia Marietta, oggi sepolta a Filadelfia con il marito Pietro Cossavella ed il figlio Antonio e sua moglie Bruna. Proprio lei che prima di sposarsi era a Londra a fare la sarta, mi raccontò di come, al momento della dichiarazione della guerra il 10 giugno 1940, divenne da un giorno all’altro non più amica ma persona da tenere lontana da parte delle famiglie con cui era in relazione. Così rientrò in Italia, dove si sposò per poi emigrare negli Stati Uniti. Ricordo il pacco con i vestiti che ci mandavano a Natale e le visite che facevano in Italia a rivedere parenti ed amici. Anche la loro, quella dei tanti andati a cercare lontano con grande coraggio un futuro migliore, è una storia ai più sconosciuta, come quella dell’Arandora Star, e con questa collegata, perchè i prigionieri imbarcati sulla nave per essere internati in Canada altro non erano che quei camerieri, baristi, chef, gelatai che tanto lavoro avevano dato all’economia della Gran Bretagna. Non potevo quindi restare indifferente alla sollecitazione di Edoardo Ceresa: il monumento all’Arandora Star rende il giusto e doveroso omaggio alle nove vittime bollenghine ma richiama anche la realtà di un tempo, quando c’era chi per cercare di vivere degnamente, lasciava le sue radici per cercare di andare incontro ad un futuro che voleva migliore.
Bollengo non dimentica i suoi morti e virtualmente si stringe in un abbraccio universale
“E’ così. E lasciatemi dire che la collocazione del monumento all’Arandora Star all’ingresso del parco giochi, lungo il percorso della Via Francigena, non è casuale. E’ un richiamo all’attenzione anche dei viandanti della Francigena, italiani e stranieri: un richiamo alla loro curiosità, che li porti a scoprire quella storia ed a riflettere su di essa, facendone memoria. Poi l’abbiamo messo lì perchè è vicino ad un’altra stele, quella che ricorda i protagonisti della Lotta di Liberazione, i Partigiani e quanti, uomini e donne, collaborarono con loro. Gente comune, come Gente comune erano i passeggeri dell’Arandora Star. Persone, quelle dell’Arandora, che sono state le prime vittime di una guerra atroce, Persone, quelle della Lotta di Liberazione, che quella guerra l’hanno conclusa e vinta, a fianco delle truppe alleate, regalando al nostro Paese Libertà e Democrazia. Bollengo abbraccia in loro i suoi eroi, consegnandoli alla memoria di tutti”.
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