Ha i capelli scuri e le manine piccole piccole che stringono qualcosa che non c’è. Dorme, Gemma, nel lettino al terzo piano dell’ospedale di Chivasso, prima stanza del reparto di ginecologia e ostetricia, di fianco alla mamma Eleonora, 34 anni, e al papà Luca Simonetta, 31. Gemma è venuta al mondo martedì 26 agosto alle ore 14 e 11 minuti e pesa 3 chili e 260 grammi. Dorme incurante degli amici e dei nonni che vengono a trovarla, delle sorelline Rebecca, di 7 anni, e Bianca, di 1 appena, che le sorridono intorno. Dorme, senza sapere nulla di cosa hanno dovuto passare mamma e papà per farla venire al mondo... Gemma è nata a Volpiano nell’androne di un palazzo al civico 13 di via Van Gogh, dove vive la sua famiglia, su una barella dell’ambulanza della Croce Bianca volpianese. Ha visto la luce tra le mani del papà Luca, che ha seguito la mamma nel suo travaglio e che, dopo aver assistito al parto di una delle altre due sue figlie, s’è ritrovato suo malgrado a dover mettere in pratica l’esperienza acquisita. E’ una storia a lieto fine quella che Eleonora e Luca ci raccontano sorridenti con la loro Gemma tra le braccia. E’ la storia di una bimba che ha avuto fretta di venire al mondo e che non ha dato il tempo alla mamma di raggiungere il più vicino ospedale. “In verità avevo avuto le contrazioni già qualche giorno prima - racconta Eleonora, la mamma -. Avevo la scadenza prevista per il 29 agosto, ma già mercoledì 20 ho avvertito le prime avvisaglie del parto. Mio marito mi ha accompagnata all’ospedale di Ciriè: credevo di dover partorire. Sono stata ricoverata due notti e un giorno, poi mi hanno dimessa: le ostetriche mi hanno detto che in realtà non avevo avuto delle contrazioni da parto ma qualcosa di più lieve. Mi hanno spiegato che alla terza gravidanza il parto è generalmente più travagliato, quindi di star tranquilla e di preoccuparmi solo quando mi sarebbero arrivate quelle che chiamano le contrazioni da urlo. E mi hanno mandata a casa. Ero tranquilla, fino a martedì...”. Martedì scorso, poco prima dell’ora di pranzo, Eleonora è in casa da sola con le sue due figlie. Il marito, che per mestiere si occupa di assistenza alle caldaie, è a lavoro. All’improvviso, una fitta nel basso ventre di Eleonora. Poi un’altra. E un’altra ancora. “Lì per lì non ci ho fatto caso - prosegue Eleonora -, poi i dolori sono diventati sempre più forti e ho capito che mi stavano arrivando le contrazioni da parto. Ho telefonato ai miei suoceri, che sono corsi qui. Mi sono coricata nel letto, ho provato a comporre il numero di mio marito ma poi non sono più riuscita a parlargli: è stata Rebecca, mia figlia, a dirgli di correre a casa che la mamma si sentiva male...”. “Quando sono arrivato ho trovato mia moglie in preda alle doglie, ho chiamato il 118 e ho chiesto di intervenire subito - spiega Luca, il papà -. Sono arrivati i volontari della Croce Bianca di Volpiano, gentilissimi e molto disponibili, che però non pensavano di trovarsi di fronte una situazione così grave. Mia moglie stava per partorire e non riusciva a muoversi dal letto...”. “E’ stato mio marito a prendermi di forza e a trascinarmi fuori di casa - prosegue Eleonora -. Volevano portarmi all’ospedale di Chivasso, ma quando sono entrata in ascensore mi si sono rotte le acque e così, scesi nell’androne del palazzo, ho capito che era arrivato il momento... Ho chiesto ai volontari della Croce Bianca di sdraiarmi sulla barella e ho detto a mio marito di togliermi i vestiti...”. “Mi sono ricordato i movimenti che il medico aveva fatto fare a mia moglie quando è nata la nostra seconda figlia e le ho detto di farli. I volontari della Croce Bianca erano al telefono con un’ostetrica di Chivasso, che ci spiegava cosa fare, e così siamo riusciti a far venire al mondo Gemma”, racconta questo papà che è stato il primo a tenere tra le braccia sua figlia. “E’ stato un miracolo che sia andato tutto bene - conclude Eleonora -. Quando è nata Gemma è arrivata l’ambulanza del 118, ci hanno caricate e ci hanno portate di corsa in ospedale a Chivasso dove poi sono riuscita, con grande dolore, ad espellere la placenta. E’ stato un parto duro, ma ci tengo a ringraziare i volontari della Croce Bianca che, seppur non fossero preparati per un simile intervento, perché non è nei loro protocolli, ci hanno assistito e fornito un prezioso aiuto. E un grazie va ovviamente a mio marito...”.
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