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Givu givòla, marcia a scola!

Oggi ho trovato vicino a casa un bel maggiolino, nulla di strano, siamo a maggio, ma di questi tempi, vederne uno non è più così facile. Anche gli insetti, come tutti i gruppi di viventi, stanno infatti pagando un prezzo altissimo alla “modernità” che distrugge o avvelena un sempre maggior numero di ambienti naturali. La specie fu classificata nel 1758 da Linneo, il grande naturalista svedese che inventò il doppio nome latino di piante e animali, col nome di Scarabaeus melolonta.. Dal punto di vista biologico, i Coleotteri sono un modello così riuscito da costituire il gruppo animale di gran lunga più numeroso del pianeta, con oltre 400.000 specie sinora descritte ma probabilmente almeno il doppio ancora da conoscere… sempre che arriviamo a scoprirle prima di farle estinguere. II maggiolino comune, Melolontha melolonta,è un coleottero diffuso in tutta Europa, e in Italia prevalentemente nelle zone settentrionali. Gli adulti si nutrono di foglie di piante forestali e di piante da frutto. Le larve vivono nel terreno mangiando le radici di diverse colture erbacee, forestali, da frutto e la vite, determinando deperimenti vegetativi, riduzione di sviluppo delle piante e, nei casi più gravi, la loro morte. ciclo biologico dell'insetto è triennale, cosicché ogni tre anni si verifica un picco popolazione. I maggiolini abbondavano quando ero bambino negli anni sessanta, gli anziani allora già raccontavano che in altri tempi si ricompensassero con piccole mance i bambini incaricati di raccoglierli, che ne riempivano borse intere. Nei secoli passati si ricordano addirittura vere carestie causate da questi scarabei, come per esempio nel ’600 in una contea irlandese, dove la popolazione fu costretta a sopravvivere mangiandoli, dato che avevano finito col fare piazza pulita di ogni pianta commestibile sia coltivata sia spontanea. In casi particolarmente gravi, i maggiolini, come bruchi o altri insetti dannosi, nel Medioevo venivano portati in tribunale, dove erano processati per i danni arrecati alla campagna. Si ha notizia di un processo avvenuto in Svizzera in cui i coleotteri, nonostante la difesa di un brillante avvocato, furono condannati a lasciare immediatamente il territorio pena la scomunica. Ovviamente rimasero dov’erano, continuando a fare i loro guasti e il fatto che li facessero da scomunicati non dovette costituire per i contadini una gran consolazione. Il nome comune italiano dell'insetto è particolarmente appropriato, in quanto di regola gli esemplari più precoci non compaiono prima della fine di aprile e pochi ne restano in circolazione dopo gli inizi di giugno. Il lemma maggiolino è di chiara origine toscana, non solo ha avuto buona diffusione in tutte le regioni del nostro paese in cui la specie è presente, ma a quanto pare è ben radicato nella lingua parlata: prova ne sia il fatto che è sopravvissuto alla scomparsa dello scarabeo cui si riferiva in origine. Oggi infatti vengono spesso chiamati maggiolini certi parenti relativamente stretti della Melolontha melolontha ma notevolmente più piccoli, appartenenti, per chi volesse saperne di più, ai generi Rhizotrogus e Amphimallon. Oltre che nella classificazione, l'inesattezza è prima di tutto nell'indicazione di tempo, dato che questi post-maggiolini, almeno nel nord della penisola, volano nelle belle serate di giugno inoltrato o addirittura in luglio; varie specie dell’Italia centrale e meridionale circolano fino a settembre e ottobre. Superfluo dire che l’estrema rarefazione del “vero” maggiolino è effetto dell’inquinamento, dei diserbanti e degli insetticidi; di questi ultimi, secondo dati di qualche anno fa, nella sola Italia si è impiegato negli ultimi anni un terzo del quantitativo usato nell’intera Europa. Il genere Melolontha melolontha, diffusa in parte dell’Europa meridionale e in quella centro-orientale, (da noi la si trova dal sud delle Alpi fino al Lazio, era un tempo comunissima, fino a costituire in certe annate un vero flagello. Ma da dove viene il nome scientifico di Melolontha creato da Linneo? Va detto innanzitutto che il naturalista, come tutte le persone colte del suo tempo, aveva studiato il greco e il latino; e nei classici greci era andato a cercare i nomi di molti animali, nomi che poi, in forma latinizzata, attribuiva alle specie che classificava. In un verso della commedia Le nubi, Aristofane, il più grande poeta satirico dell’antica Grecia, nato intorno alla metà del V secolo a. C., paragona la fantasia “alla melolónthe che il fanciullo fa volare attaccata a un filo”. Sappiamo solo che la parola indicava un Coleottero, ma ignoriamo quale; e dato che, se ben ricordo, il maggiolino non è presente in Grecia, o perlomeno non vi è comune, gli studiosi ritengono che il termine melolónthe indicasse invece la Cetonia. Il maggiolino è però presente nel sud della Svezia, dove viene chiamato Ollonborre. Evidentemente, i bambini svedesi, e forse da piccolo lo stesso Linneo, lo facevano volare attaccato a un filo, come anch’io ho visto fare negli anni ’60 al paese dei miei nonni materni, nelle campagne del Piemonte; lo studioso deve aver creduto che melolónthe significasse maggiolino e così ha attribuito a quest’ultimo il nome latinizzato di Scarabaeus melolontha. Per quanto riguarda i nomi dialettali dell’insetto, mi limito a citare quello che ho sentito usare più spesso in Canavese, dove sono nato: givo, gbena,canquara, ghebra.Un appassionato e minuzioso raccoglitore di memorie torinesi, Alberto Viriglio, ai primi del ’900 riporta nel suo libro Vecchio Piemonte una formula in rima che a Torino e dintorni i bambini dei tempi in cui lo era lui, nato nel 1851, rivolgevano al maggiolino, chiamato in dialetto gìvu, praticando proprio quel gioco. Dopo aver legato l’insetto per una zampa gli si intimava: Givu givòla, marcia a scola!, maggiolino maggiolinetto, ma la finale “òla” è tipicamente canzonatoria, fila a scuola! In caso di rifiuto bastava lanciare il coleottero in aria, in modo che nel sentirsi ricadere aprisse le ali e prendesse il volo. Ma la sua apparente libertà non durava a lungo. Dopo averlo lasciato ronzare per un po' seguendolo come fosse un cane al guinzaglio, il suo carceriere lo tirava indietro con un brusco strappo, impartendogli il contrordine: La scola l’é sarà, turna a cà! La scuola è chiusa, torna a casa! Sia pure senza l’accompagnamento della cantilena, dicevo poco fa che quel gioco ho fatto in tempo a vederlo praticare anch’io. Ma il mondo cui apparteneva è ormai lontano quanto Viriglio o Linneo o lo stesso Aristofane: perduto per sempre. Favria, 17.05.2014 Giorgio Cortese
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