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Torino
02 Novembre 2025 - 14:45
Giovedì 30 ottobre, nel primo pomeriggio, un convoglio carico di mezzi militari ha attraversato la stazione di Torino Porta Susa senza nemmeno fermarsi. Qualche carro armato ben fissato e in pochi minuti la rete è esplosa come se fosse scoppiata la terza guerra mondiale.
È il panico social di chi riesce a leggere la geopolitica persino nei binari dell’Alta Velocità. C’è chi si chiede con apprensione “dove staranno andando?”, chi ipotizza una spedizione verso l’Ucraina e chi, inevitabilmente, vede in ogni convoglio un messaggio politico nascosto. “Ci stanno preparando alla guerra!”, “Ci militarizzano la città!”, “Guarda per cosa spendono i soldi”.
No, i mezzi non hanno le ali. È risaputo, ma questa volta è parso un colpo di scena. Bastano alcuni carri armati su un vagone, e scatta l’effetto Orson Welles: tutti pronti a gridare “La guerra dei mondi!”. Eppure, per quanto la tecnologia avanzi, i cingolati restano fedeli alla gravità. Per spostarli da una base all’altra servono ancora i treni, quelli che fanno scintille, non notizie. Ma guai a dirlo: oggi tutto si politicizza, persino un trasporto logistico.
Così un normale convoglio dell’Esercito diventa il simbolo di chissà quale strategia segreta.Sembra che, nel dubbio, preferiremmo vedere centinaia di blindati sulle strade, imbottigliati tra i bus e le piste ciclabili, piuttosto che un treno che fa il suo mestiere: trasportare.
C’è chi, davanti alle immagini, ha gridato allo scandalo; chi ha invocato interrogazioni parlamentari; e chi ha collegato i carri armati di Porta Susa a qualche trama internazionale.Nel frattempo, il treno ha continuato la sua corsa, ignaro del clamore, fedele al suo compito di sempre: portare da un punto A a un punto B ciò che sulle strade ed autostrade non può transitare.
La mancanza di informazione ufficiale alimenta appunto la speculazione. Né il Ministero della Difesa né lo Stato Maggiore dell’Esercito hanno diffuso note o comunicati chiarificatori sul transito del convoglio: un silenzio che, come spesso accade, riempie il vuoto con teorie, post e supposizioni.
Forse il problema non è il convoglio, ma l’incapacità di alcuni di distinguere i fatti dai fantasmi. Un tempo i bambini giocavano a “Arriva un treno carico di… mele, cavalli, giocattoli”. Oggi gli adulti giocano a “Arriva un treno carico di… complotti”.
E allora sì, arriva un treno carico di mezzi militari. Ma soprattutto, arriva un treno carico di reazioni esagerate, post indignati e video da quindici secondi pronti a fare il giro del web.
Peccato, perché la realtà, quella semplice, ferroviaria, un po’ arrugginita ma concreta, non fa più notizia: i mezzi da terra non volano e, finché non inventeremo i carri armati alari, continueranno a viaggiare su rotaia.
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