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Cuorgnè
05 Dicembre 2024 - 18:06
San Francesco d'Assisi
“Francesco, chi sei?
Qualche riflessione su San Francesco con l’ausilio degli affreschi di Giotto. Gianmaria Zaccone, Professore all’Università Pontificia a Roma e di varie facoltà teologiche di Napoli e Torino, nel corso delle conferenze dell'Unitre di Cuorgné, ha parlato della figura di San Francesco d’Assisi, con informazioni desunte dalle fonti e depurata dal mito che si è stratificato nel corso dei secoli. Francesco, figlio di un ricco mercante, rinuncia a tutti beni, indossa il saio dei contadini e vive mendicando.
La scelta di vivere in povertà ha in Francesco un valore positivo: non è una scelta contro la società, per rifiutarla o contestarla, ma una condizione che lo accomuna a coloro che non hanno nulla, che sono disprezzati dai potenti e dai ricchi, ma appunto per questo sono i prediletti di Cristo. Con questa scelta e con il contenuto della sua predicazione egli viene ad offrire l'esempio di un modo di essere e di vivere che è antitetico a quello della società del tempo, fondata sul denaro e sul lavoro, in un periodo in cui si stava affermando la classe mercantile.
Nella Regola, che Francesco dettò per l'ordine da lui fondato, c’è il divieto di possedere denaro o di chiederlo per necessità personali. San Francesco nacque ad Assisi nel 1182 da un facoltoso mercante di tessuti Pietro di Bernardone. Francesco partecipò alla guerra tra Assisi e Perugia e venne tenuto prigioniero dai Perugini per più di un anno. Tornato ad Assisi nel 1205, Francesco si dedicò a opere di carità tra i lebbrosi e cominciò a restaurare gli edifici di culto in rovina. Il padre lo diseredò e Francesco si spogliò, davanti ai genitori, dei suoi ricchi abiti e vestì il saio e si privò anche delle calzature. Nei successivi tre anni si dedicò alla cura dei malati nel monte Subasio.
Nella Cappella di Santa Maria degli Angeli, nel 1208, durante la Messa, ricevette l’invito a uscire nel mondo ed a privarsi di tutto per fare del bene ovunque. San Francesco tornò di nuovo nella sua città natale ed iniziò la sua predicazione, raggruppando intorno a sé dodici seguaci che lo elessero superiore. Nel 1210 l’ordine venne riconosciuto da Papa Innocenzo III; nel 1212 anche Chiara D’Assisi prese l’abito monastico e istituì il Secondo ordine francescano, le Monache Clarisse. Nel 1219 si recò in Egitto, dove era in corso la V crociata e predicò davanti al Sultano, senza però risultati; poi rendendosi conto di non riuscire a gestire l’Ordine che contava ormai migliaia di confratelli si dimise dall’incarico di superiore ritirandosi a pregare sul monte della Verna, nel settembre del 1224, dopo quaranta giorni di sofferenza e di digiuno, ricevette le stigmate.
Francesco venne portato ad Assisi, dove rimase per anni segnato dalla sofferenza fisica e da una cecità quasi assoluta. Intorno al 1224 Francesco d’Assisi compose il Cantico delle Creature in cui il frate Sole viene lodato come fratello. Francesco, Patrono principale d’Italia, venne canonizzato il 16 luglio 1228 da Papa Gregorio IX, due anni dopo la sua morte. San Francesco viene quasi sempre rappresentato nell’iconografia tradizionale nell’atto di predicare agli animali o con le stigmate. Francesco predica la povertà, la penitenza, prende il Vangelo come testo-guida del cristiano, anche il suo cristianesimo è ispirato alla purezza originaria.
Ma a differenza degli altri movimenti del tempo non esprime un atteggiamento di rifiuto verso l’alta gerarchia ecclesiastica, accusata, tra l'altro, di aver abbandonato la povertà evangelica, di avere legato i propri interessi a quelli dei potenti, escludendo i poveri, come fanno gli eretici, in particolar modo i catari e i valdesi. La sua azione si muove da un impulso positivo, dalla volontà di offrire l'esempio di una vita vissuta cristianamente, come l'ha vissuta Gesù Cristo, in altre parole riproporre l'esperienza di Cristo, documentata dal Vangelo. Cristo ha vissuto nella povertà e si è sacrificato per amore degli uomini. Povertà e amore sono i due valori fondamentali predicati dal santo, la povertà, anzi, è stata per lui una scelta di vita, la “dolcezza di vivere”.
Quando Giotto arrivò nella basilica superiore di San Francesco ad Assisi, altri artisti avevano finito da poco di completare scene dell’Antico e del Nuovo Testamento nella parte superiore delle pareti. Il suo compito era quello di collegare il messaggio generale: il fatto che l’Antico Testamento prediceva la venuta di Cristo, e che Cristo chiamava Francesco a imitarlo in un modo unico nella storia attraverso le stigmate. Mediante una serie di rapporti, paragoni e analogie, i pellegrini che visitavano la basilica vedevano collegamenti e analogie tra i profeti, Cristo e Francesco negli affreschi superiori e inferiori. L’artista voleva mostrare che la spiritualità cristiana non era limitata all’aldilà. La vita non era una valle di lacrime in preparazione al Paradiso. Giotto interpretò il messaggio di San Francesco, secondo il quale la gente poteva iniziare a vedere e a sperimentare la bontà, la verità e la bellezza di Dio già in questo mondo.
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