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Le Cariatidi!

Le Cariatidi!
Le Cariatidi! Nell’Antica Grecia, invece, l’albero del noce è legato al mito di Caria. In questo mito si narra di un’epoca in cui gli dei amavano andarsene a zonzo sulla Terra ed interagire con i mortali, si narra delle tre figlie che Dione, re della Laconia, aveva avuto dalla moglie Anfitea. Orfe, Lico e Caria, questo il nome delle tre fanciulle, erano amabili, belle ed aggraziate, ma non prive delle gelosie e delle invidie femminili. Un giorno, il dio Apollo, giunse nelle terre della Laconia e venne accolto con tutti gli onori dal re e dalla regina. Come dono per il trattamento ricevuto, il dio conferì alle tre sorelle il dono della profezia, facendo, tuttavia, promettere loro che mai e poi mai avrebbero usato quelle facoltà contro gli dei o per conoscere cose che non competevano loro. Qualche tempo dopo, anche Dioniso capitò in Laconia e fu ospite della casa di Dione. A differenza di Apollo, tuttavia, il dio dell’ebbrezza non seppe resistere al fascino della giovane Caria e se ne innamorò perdutamente, ricambiato. Poco dopo, il dio riprese ad andarsene in giro per il mondo, ma il ricordo della fanciulla e del suo amore lo fece ben presto tornare sui suoi passi. Ed è qui che entrarono in gioco la curiosità e la gelosia femminile. Le sorelle di Caria, infatti, presero a spiare il dio e a farne oggetto di pettegolezzi, infrangendo il loro voto. Nonostante gli avvertimenti, Orfe e Lico perseverarono nel loro atteggiamento. Allora, Dioniso, spazientito, in un moto di rabbia le fece prima impazzire, poi, le tramutò in roccia. Caria, resasi conto della triste sorte toccata alle sorelle, morì per il dolore. Allora Dioniso, che tanto aveva amato la giovane, decise di rendere eterno il suo ricordo e la trasformò in un albero di noce. Non avendo il coraggio di raccontare ai Laconi che cosa era successo alle tre principesse, se ne andò di nuovo in giro per il mondo. Toccò ad Artemide, dea della caccia e sorella gemella di Apollo raccontare l’accaduto al re ed alla regina. Successivamente, anche la dea si fermò in un certo periodo in Laconia, mostrandosi molto generosa con i suoi abitanti che, in suo onore, eressero in suo nome e in quello dell’indimenticata principessa Caria, un tempio intitolato ad Artemide Cariatide, con le colonne scolpite in legno di noce e modellate con sembianze femminili, che vennero chiamate “Cariatidi”. Le cariatidi o canefore raffigurate nel portico del tempio di Eretteo, costruito tra il 420 e il 406 a.C. che, originariamente, fu il palazzo del re Eretteo I. Le colonne raffigurano sei ragazze, korai, che sorregono, con una mano, un lembo di veste e, con l’altra, una phiale, coppa decorata con ghiande dai capelli lunghi ed intrecciati. Pare che il termine karyatis significa donna di Karya, una località nella quale si celebrava annualmente una festa in onore di Artemide che vedeva, come protagoniste, cori di vergini. Un’altra ipotesi è che queste stesse donne furono rese schiave, dopo la sconfitta della loro patria, per aver sostenuto i Persiani. Una terza ipotesi, infine, considera queste fanciulle come le figlie del re Kepros che vegliano e piangono sulla tomba del padre. In ogni caso, colpisce di queste sculture, la bellezza e la fierezza che i loro volti impressi per sempre nella pietra esprimono. Le cariatidi, oggi poste nella loggia, sono solo copie. Le originali si possono ammirare nel Museo dell’Acropoli di Atene, mentre una cariatide fu trafugata, nei primi anni dell’Ottocento, da Lord Elgin, oggi conservata presso il British Museum di Londra. Infine una leggenda narra di come, dopo il furto della scultura, si potesse sentire il pianto nella notte delle altre sorelle. Le sculture a colonna maschili assumono invece la denominazione di telamone o atlante. Favria, 9.02.2022 Giorgio Cortese Buona giornata. Se nevica il dieci di febbraio, l’inverno si accorcia di quaranta giorni. Felice mercoledì.
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