CHIVASSO. Il murale della Howlers Crew e la dedica a Lea Garofalo, questo accadde oggi.
“Un singolo individuo può contribuire in modo sostanziale al rovesciamento di un regime corrotto ed ingiusto attraverso la riappropriazione del proprio diritto alla libertà”, queste le parole riportate in una targa. La data in calce 2019.
Siamo nel Viale Vigili del Fuoco di Chivasso, lungo il Canale Cavour, in un’area verdeggiante, dove “nel mezzo del cammin di nostra vita” ad un certo punto ci si ritrova innanzi ad un murale, dipinto dai celebri urban artist Howlers Crew.
Lea Garofalo
Ma torniamo alla targa, apposta al murale dal Comune di Chivasso nel 2019; una dedica a Lea Garofalo.
Chi era Lea? Oggi Lea è uno dei simboli della violenza contro le donne e della ribellione a un contesto criminale ed avrebbe 47 anni se la sua vita non fosse stata stroncata il 24 novembre del 2009.
Lea era una collaboratrice di giustizia, sotto protezione dal 2002 insieme alla figlia Denise, perché aveva deciso di testimoniare in relazione alle faide di ‘ndrangheta tra la sua famiglia e quella dei Cosco a cui apparteneva l’ex compagno. La sua scelta di testimoniare nell’immediato non aveva portato ad arresti e processi. Lea, sfiduciata, nel 2006 era stata esclusa - una prima volta - dal programma di protezione, perchè ritenuta “non abile”, e poi definitivamente nel 2009, non credeva più nello Stato. E’ proprio in quell’anno che venne barbaramente uccisa. La sera del 24 novembre 2009 a Milano l’ex compagno Carlo Cosco – che in precedenza aveva tentato di rapirla – l’aveva accompagnata in un appartamento, Vito Cosco era lì ad attenderli. La donna venne uccisa e il suo corpo dato alle fiamme per tre giorni, perché di lei non rimanesse alcuna traccia. Dopo la morte le è stata attribuita la medaglia d’oro al merito civile per essersi ribellata al contesto criminale in cui era cresciuta “era nata in una famiglia in cui violenza e illegalità erano i caratteri dominanti e fin da piccola aveva tentato di sottrarsi a questo codice” scrissero i giudici; per aver lasciato il compagno, esponente di una cosca calabrese; per aver cercato di dare alla figlia opportunità diverse; per aver collaborato con le Forze di polizia, rivelando notizie su omicidi ed estorsioni. Sarà il coraggio di Denise, testimone al processo contro il padre Carlo Cosco a consentire di rendere giustizia a Lea. Per il suo omicidio, con l’aggravante della premeditazione, sono stati condannati con sentenza definitiva il 18 dicembre del 2014 all’ergastolo 5 persone. Nel 2015 la sua storia è diventata un film di Marco Tullio Giordana.
Chivasso ha dimenticato Lea?
Qualcuno potrebbe pensare che le autorità cittadine abbiano dimenticato ciò che questa donna rappresenta; che l’inaugurazione dell’opera del 2019 - con il rituale taglio del nastro – fosse stato solo mera ‘propaganda’; che il ricordare non sia importante nel processo di costruzione di una memoria comune - una coscienza comune in grado di contrasto all’illegalità - ma è il 24 novembre e noi invece non dimentichiamo e ricordiamo Lea Garofalo, perché questo accadde oggi!
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