Correva il 20 settembre del 2000. La Voce del Canavese titolava in prima pagina “Chivasso Capitale della Mafia”. All’interno i primi resoconti stenografici della commissione parlame tare bicamerale (Camera e Senato insieme) sulle infilrazioni mafiose nel Nord Italia. Nell’elenco dei Comuni colpiti dal fenomeno c’era anche - toh! guarda - Chivasso con l’indicazione di due famiglie calabresi: i Belfiore e gli “Ursini” o “Ursino”. Due famiglie non a caso, considerando che sono loro, nel 1983 a ordinare ed eseguire l’omicidio del Procuratore della Repubblica Bruno Caccia. Tra gli indiziati Mario Ursini (condannato a 26 anni di carcere e liberato dopo 10) e Domenico Belfiore (oggi all’ergastolo), entrambi di Gioiosa [caption id="attachment_43310" align="alignleft" width="180"] URSINI MARIO[/caption] Jonica. Nel 2002 la “notizia” che qualcosa era cominciato a muoversi con una lunga serie di immobili confiscati, di cui peraltro fino a quel momento nessuno aveva mai saputo e scritto nulla, a Torrazza, Volpiano, San Sebastiano e Chivasso. Lo scriviamo a caratteri cubitali. Lo diciamo a sindaci, maggioranze e opposizioni. Lo urliamo con tutto il fiato che avevamo nei polmoni. Niente! Neanche uno starnuto. Segue un dibattito, “dentro la notizia”, organizzato dal nostro giornale al Cinema Moderno, ospite d’eccezione il Procuratore Capo di Torino Giancarlo Caselli. In sottofondo, Dio è morto, parole e musica di Francesco Guccini. E non era finita qui. Nel 2004, poi ancora nel 2005, tutti gli anni, su questio giornale, un aggiornamento della geografia mafiosa, insieme a fatti di cronaca “davvero nera” più o meno singolari e senza una vera e propria risposta, a cominciare dalla sparizione, nell’aprile del 2009, di un certo Vincenzo Rocco Ursini, residente nel quartiere Blatta a Chivasso e nipote di Mario Ursini. La sua auta, un’Alfa 166, ritrovata in divieto di sosta a Mappano. La sorella in diretta RAI3 su “Chi l’ha visto?”. Poi il silenzio. Si saprà solo nel 2010, da una lettura delle carte dell’inchiesta “Crimine” del procuratore Ilda Bocassini di Milano che lo avevano “fatto fuori” dei sicari della famiglia Macrì, in cerca di una posizione in Calabria, e nel nord Italia. Una guerra di ‘ndrangheta, insomma.... Lo scriviamo, così come scriviamo che nella stessa inchiesta è finita l’intercettazione di una conversazione avvenuta in un bar di Chivasso, crocevia di incontri tra malavitosi, “Il Timone” di Giovanni Vadalà. Stavolta i tempi sembravano maturi per capire, per essere capiti... E che qualcosa stesse per succedere fu evidente poco prima delle elezioni amministrative del 2011 (a Chivasso vincerà Gianni De Mori candidato a sindaco del centrosinistra) con alcune perquisizioni dei carabinieri della Compagnia di Chivasso, comandati da Dario Ferrara, a casa dei Trunfio e nel bar di Vadalà, dove spunta una pistola con matricola abrasa nascosta nel controsoffitto... Poi di nuovo il silenzio per qualche settimana e, infine, l’affondo con l’inchiesta Minotauro della Procura di Torino e 182 indagati che poi diventeranno quasi tutti imputati. Domanda.... Chi c’era nell’elenco? Guarda caso anche [caption id="attachment_43313" align="alignleft" width="138"] URSINI ROCCO[/caption] i due Ursini. Uno, Vincenzo Rocco, scomparso per l’appunto nell’aprile del 2009. Ma anche Mario, classe 1950, lo stesso Mario (“‘u tiradritto”) indicato come mandante dell’omicidio del Procuratore Caccia, tornato in libertà, dopo 10 anni passati nelle patrie galere, ma ancora fino al 2011 considerato capo indiscusso della ‘ndrina di Gioiosa. Insomma di nuovo gli Ursino o?gli Ursini.
L’attualità
Da qui in avanti è tutta attualità, considerando che dalla scorsa settimana, questa famiglia, è ritornata al centro di una nuova inchiesta sul traffico internazionale di droga, grazie ad un patto stretto con lo storico clan dei Gambino di New York, così solido da soppiantare le storiche famiglie di Palermo, da sempre legate a doppio filo con la mafia americana. Il blitz della polizia e dell’Fbi scattato, martedì scoso, in contemporanea a New York e in diverse regioni italiane, ha confermato le mire espansionistiche di quella che, a detta di tutti gli analisti, è da considerarsi la più potente organizzazione criminale italiana. I provvedimenti all’alba, quando negli Stati Uniti era notte fonda: 17 sono le persone finite in carcere in Italia e 7 quelle arrestate oltreoceano. Tra loro, Francesco Ursino, nuovo capo della famiglia Ursino di Gioiosa Ionica, Franco Lupoi e Raffaele Valente, bloccati negli States e ritenuti gli intermediari tra i Gambino e gli uomini della ‘Ndrangheta. Sempre negli Usa è stato arrestato Christos Fasarakis, un funzionario della Alma Bank di New York, accusato di aver riciclato centinaia di migliaia di dollari dell’organizzazione. In Italia è stato invece bloccato Nick Tamburello, espulso dagli Stati Uniti ad aprile del 2013 e ‘affidato’ da Lupoi e Valente ad un’organizzazione criminale della provincia di Benevento, in contatto con le ‘ndrine. Loperazione è stata chiamata ‘Newbridge’, naturale prosecuzione dell’inchiesta ‘Old Bridge’ che 6 anni fa stroncò i traffici tra i Gambino e i clan palermitani legati a Salvatore Lo Piccolo. L’accordo Usa/Calabria prevedeva l’esportazione di eroina verso l’America e l’arrivo in Italia di partite di 500 kg di cocaina, che sarebbero dovuti giungere nel porto di Gioia Tauro in forma liquida, nascosti in barattoli di ananas e cocco provenienti dalla Guyana francese. Fondamentale per l’indagine, hanno riconosciuto magistrati e investigatori, è stato un infiltrato che l’Fbi è riuscito a mettere all’interno dell’organizzazione. ‘Jimmy’, questo il nome di copertura dell’agente, ha acquistato droga in Italia e tramite un confidente ha monitorato tutti gli incontri a New York tra i calabresi e i mafiosi americani. Ma soprattutto, ha fatto sì che la costruzione del ‘ponte’ criminale proseguisse senza intoppi, fino al momento di tirare la rete.
La domanda
La domanda che ci si fa oggi è quanto questa famiglia e tutte le altre ‘ndrine pesino ancora sull’economia della provincia di Torino. Una domana a cui è difficile, quasi impossibile, dare una risposta.
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