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Ciascun uomo deve decidere se vuol camminare nella luce dell’altruismo creativo o nell’oscurità dell’egoismo distruttivo

Ciascun uomo deve decidere se vuol camminare nella luce dell’altruismo creativo  o nell’oscurità dell’egoismo distruttivo

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L’idea dell’individuo che, anche a discapito della propria vita, lotta contro la tirannia, affascina. Niente da fare. L’avevano già proposto i Greci con la figura mitologica di Prometeo, il titano che ruba il fuoco agli dei per donarlo agli uomini e che, per questo, viene incatenato da Zeus ad una montagna del Caucaso e quindi condannato al martirio perenne di avere il fegato dilaniato da un’aquila. Fegato che, per la cronaca, ricresce ogni notte. Da Prometeo in poi è tutta una sfilza di eroi disobbedienti, avvolti da un’inossidabile aura romantica, che lottano contro il sistema, contro le ingiustizie; schiere di dissidenti affascinanti che, nel tempo, ci hanno convinto che la Storia da raccontare sia solo quella di chi ha saputo andare controcorrente, certi che il percorso di miglioramento dell’umanità passi, quasi esclusivamente, attraverso atti di disobbedienza. Abbiamo messo in un gran calderone citazioni prese qua e là dalle opere di Socrate, Gandhi, Thoreau, Martin Luther King, Brecht, Hack ed abbiamo concluso che disobbedire a leggi ingiuste è cosa nobile, cullandoci nel sogno ipocrita che le leggi giuste sono quelle che ci piacciono ed i sistemi da combattere quelli che non rispettano la nostra, personale idea di democrazia. Inebriati dal desiderio “sessantottino” di trasgredire, abbiamo cresciuto generazioni che non hanno capito che la disobbedienza civile di chi è morto per una causa, e sono tanti, fondava sul desiderio di migliorare le condizioni altrui, era espressione di una coscienza collettiva volta a “destare maggioranze assopite” per costruire insieme un mondo migliore. Il risultato è che oggi negazionisti malati di titanismo, spinti dal loro individuale arbitrio, dalla loro presunta ed unicamente valida verità, scendono nelle piazze, inneggiando  alla disobbedienza civile che, in questo modo, si sostanzia, di fatto, nell’invocare la libertà di poter non fare ciò che non si vuole fare. La spinta collettiva si trasforma nella condivisione superficiale di una scelta arbitraria, sulla base di teorie campate per aria, tutte a sostegno del “faccio solo ciò che voglio, perché io solo so la verità”. Il fatto, poi, che un certo tipo di politica sostenga questo surrogato disgustoso di disobbedienza civile è una pericolosa, scontata conseguenza da non sottovalutare. “Ciascun uomo deve decidere se vuol camminare nella luce dell’altruismo creativo o nell’oscurità dell’egoismo distruttivo”, diceva, anche, Martin Luther King. A noi la scelta.
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