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15 Gennaio 2020 - 15:53
Per i giovani di un tempo, i giorni della visita militare segnavano il definitivo passaggio all’età adulta. La legge numero 2.248 del 20 marzo 1865 (la cosiddetta legge Lanza o Ricasoli, definita «legge per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia») stabiliva che ogni Comune compilasse annualmente le proprie liste di leva in cui dovevano figurare tutti i giovani di sesso maschile che avessero compiuto il diciassettesimo anno di età. Di solito, avvicinandosi il periodo della loro pubblicazione all’albo pretorio del municipio, si costituiva un comitato con lo scopo di promuovere gli immancabili festeggiamenti. Fra le sue incombenze principali vi era quella di procurare la bandiera dei coscritti. Venivano altresì nominati il padrino e la madrina della classe di leva.
Il giorno della festa, un ruolo importante competeva alla banda musicale o a gruppi di suonatori ingaggiati per la circostanza. Fra i molti documenti significativi, nell’Archivio storico della città di Settimo Torinese si conserva la lettera con la quale, nel 1915, Giovanni Milizia e Francesco Bertetti, «iscritti di leva […] per l’anno 1897», desiderando festeggiare «la loro iscrizione alla lista stessa», chiesero al sindaco Angelo Chiarle di essere autorizzati a «girare per le vie del paese colla banda».
Il rituale della festa prevedeva la celebrazione di una Messa nella chiesa del luogo. I coscritti vi si recavano in gruppo con la bandiera arrotolata. Solo dopo la benedizione, la bandiera veniva spiegata per essere orgogliosamente esibita in pubblico, a rappresentare la classe di leva. Alla Messa seguiva un lauto pranzo, allietato dalle note dei musicanti e inframmezzato da numerosi brindisi. I giorni della visita militare offrivano l’occasione per improvvisare generali bisbocce che culminavano sovente con qualche irruzione goliardica a Torino e, non di rado, con la visita a un bordello.
Spesso le feste di leva servivano a rinfocolare gli antagonismi di campanile fra paesi limitrofi. Nelle carte d’archivio è rimasta memoria delle risse furibonde che si accendevano quando i giovani di Settimo si recavano a Caselle – il capoluogo del mandamento – per ottemperare agli obblighi della coscrizione. Nel 1876 si scatenò una tale zuffa che i coscritti settimesi non poterono presentarsi al consiglio di leva e tornarono subito indietro onde evitare ulteriori guai.
Di una storia diversa furono protagonisti i giovani di Brandizzo, attesi nell’ottobre 1812 al distretto militare di Chivasso. Sennonché le piogge impetuose rendevano impossibile l’attraversamento dei torrenti Malone e Orco (all’epoca non esistevano ponti). Dopo un’inutile attesa, prendendo atto della situazione, il viceprefetto del dipartimento (si era in epoca napoleonica) decise di rinviare le operazioni al sabato seguente.
Narra il conte Bianco di Saint-Jorioz: «Appena egli aveva proferito il decreto, i giovani di Brandizzo, grondanti acqua, gli appariscono davanti. Non avevano que’ magnanimi sofferto che si fosse detto di loro: i brandizzesi mancarono alla chiamata dell’onore. E poiché, [...] diversi argomenti per traghettare il torrente riuscirono vani, il più robusto tra essi si lanciò nell’acqua, porse la mano al compagno e questi ad un altro, e così procedendo formarono una catena da una sponda all’altra, e con molto pericolo, non meno che con molta gioia, superarono la corrente».
Commenta Bianco: «Tale era in quei tempi e tale sarà, dove l’occasione si mostri, l’ardore della gioventù italiana o, per meglio dire, della gioventù piemontese!».
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