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Il Castello di Ivrea

Il Castello di Ivrea

Castello di Ivrea

Nell'acropoli eporediese, di fianco al Duomo, svetta il Castello delle Rosse Torri. Tale meraviglia, denominata in tale guisa a causa della costruzione in mattoni rossi, venne fatta edificare dal Conte Verde di Savoia. Meno male non fu costruito dal Conte Rosso, perché un Castello tutto verde farebbe cacare. La costruzione fortificata risultava protetta a nord da una parete verticale, e su tre lati da un fossato. A lungo si discusse su quali fossero i pesci più adatti da allevare in tali acque. Chi se ne occupò con maggiore impegno fu Matteo detto il Conte Verdelega, che convocò un tavolo di luminari a riguardo. "Eccellenza", proposero costoro, "noi riteniamo che l'ideale siano le sardine!" "Le sardine???" sbotto il Conte Verdelega "Macché, troppo pericolose, meglio i barracuda!" Il maniero eporediese venne sempre condotto direttamente da Casa Savoia, ad eccezione di un breve periodo, dal 1618 al 1620. In quell'epoca i castellani furono tali Alexander Ginio Vinia e Georgia Popolo, i quali si dedicarono all'arricchimento in decorazioni del monumento. Riempirono tutti gli anfratti della costruzione con meravigliosi presepi, esattamente 798. Purtroppo gli anfratti erano 799 e le statuine erano esaurite in tutta il Ducato, quindi l'ultimo spazio fu arricchito con una Puffetta, un Grande Puffo e un Puffo Brontolone. Nel 1676, in presenza di un violento temporale, che la metereologa locale Anna Bonobo aveva classificato preventivamente come "caldo torrido a causa delle torri", un fulmine colpì la torre nord-ovest, che malauguratamente conteneva la santabarbara, provocandone la formidabile esplosione, causando decine di morti tra gli abitanti circostanti, e rendendo il castello asimmetrico per l'eternità. A partire dal 1700 il castello venne adibito a carcere. Chi vi era recluso faceva lo sborone: "Io vivo in un castello, mica come te in una topaia". In realtà il castello era diventato una topaia. Vi furono incarcerati molti personaggi illustri: Benvenuto Cellini (Per cui le stanze di reclusione del castello vennero chiamate celle), Michelangelo Merisi, Cristiano Malgioglio, Aldo, Giovanni e Giacomo. PS: A Giosuè Carducci glielo hanno raccontato, era daltonico.
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