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04 Settembre 2019 - 14:51
Non tutti sanno che il castello di Settimo Torinese – del quale la torre superstite è il simbolo della città – sorse sul luogo di un più antico edificio fortificato. In proposito, la documentazione d’archivio non manca. A un «castrum» – per citare qualche fonte tra le più significative – si riferiscono esplicitamente alcuni documenti del Duecento e del primo Trecento. Ma non si tratta del castello di cui la torre fece parte. Un certo Guglielmo è menzionato nel 1212 quale castellano o «oppidanus de Septimo», mentre un atto notarile del 1233 risulta sottoscritto «in Septimo in castro», vale a dire nel castello di Settimo. A quel tempo, tuttavia, il castello che incorporava in sé la torre non esisteva.
Lo storico Benvenuto Sangiorgio, vissuto a cavallo dei secoli quindicesimo e sedicesimo, riferisce che il principe Filippo di Savoia-Acaia strappò i castelli di Rocca Canavese e Settimo, nel 1309, al marchese Teodoro del Monferrato. La notizia trova conferma nelle carte della castellania di Rocca che elencano le spese per trasportare a Settimo una macchina d’assedio che scagliava sassi, nonché picconi e mazze. In un atto dell’11 settembre di quell’anno si precisa che il marchese del Monferrato aveva ottenuto Settimo, col «castrum» e la «villa» o villaggio, «ex occupatione […] clandestina», cioè in seguito a una usurpazione. Il fatto risaliva al 1276, quando il marchese Guglielmo VII si era impadronito di Torino, facendovi costruire una casaforte.
La città era stata persa quattro anni più tardi: in viaggio verso la penisola iberica, Guglielmo fu catturato da uomini al servizio del conte Tommaso III di Savoia, al cui volere dovette piegarsi e cedergli Torino con la casa forte e il ponte sul Po. Il borgo di Settimo era così divenuto una sorta di avamposto del Monferrato verso le terre sabaude: la sua importanza dipendeva dalla possibilità di controllarvi l’ultimo tratto della strada di Lombardia, vale a dire della «via publica peregrinorum et mercatorum» – la via percorsa dai mercanti e dai pellegrini – che entrava in Torino dalla Porta Doranea o «Porta Palatii».
Su un confine assai instabile dal punto di vista politico e militare, è comprensibile che il luogo fosse adeguatamente fortificato. L’11 settembre 1309, recuperata la «villa» e il «castrum» di Settimo, il principe Filippo d’Acaia li concesse in feudo ai fratelli Bertino e Giacomo Facio, già signori «castri, hominorum et ville» sotto i Monferrato. Di lì a quattro anni, egli si vide riconosciuto il possesso del castello e del territorio dallo zio, il conte Amedeo V di Savoia.
Il castello che inglobava la torre ora simbolo della città fu edificato in epoca posteriore. Quando? Considerando diversi elementi fra cui le proporzioni dell’edificio, la forma delle caditoie e la legatura dei mattoni, si può ipotizzare nel tardo Trecento oppure nei primi decenni del secolo successivo. Certo è che l’antico «castrum» di Settimo fu successivamente restaurato e ampliato, sino a trasformarlo in una fortificazione ben difesa, nella parte più alta del terrazzo fluviale che taglia il territorio da sud-ovest a nord-est, in posizione eminente rispetto alle aree meridionali del territorio, dove scorreva il rio Freidano e si estendeva la palude Chiomo-Pramorto, bonificata solo nel 1845 per iniziativa del Comune.
In definitiva, la torre ancora oggi in piedi non è attribuibile alla fase originaria del castello, ma a una posteriore, tra la fine del quattordicesimo secolo e l’inizio del quindicesimo.
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